mercoledì 29 gennaio 2014

DI GIOCARE


Di giocare anche quando non ci sono più giochi.
Di giocare anche quando sono stanca e non credo di farcela.
Di giocare quando invece c'è ancora il sole e a volte quando c'è buio.
Di giocare che ci salva sempre.
Di ridere.

lunedì 20 gennaio 2014

LA STORIA DELLA MIA VITA



Ero tornata a vivere sopra al ristorante.
Mia madre aveva fatto installare un telefono che dal ristorante poteva telefonare di sopra in casa e chiamarci, a me e a mia sorella, per dire: vieni giù!!!!
Lo squillo del telefono era un'ossessione perché mentre guardavamo un film o leggevamo un libro o qualsiasi altra cosa, dovevamo mollare tutto, vestirci da cameriera o da cuoca e scendere.

Io lavoravo in cucina, ero l'aiuto cuoca. In cucina c'eravamo io, D. e A.
A. era una signora di circa cinquant'anni e quando lavoravamo parlavamo. Da piccola A. era stata mandata a lavorare come serva nella casa di ricchi signori di Milano, era una bambina e da allora non ha mai smesso di lavorare, nemmeno un giorno. Da noi veniva a fare le pulizie al mattino, poi alla sera i fine settimana stava in cucina con me e D. Poi faceva le pulizie da alcune donne del paese e alcune volte lavorava anche in un altro ristorante.
A. è una signora minuta, svelta A. non si lamenta mai, quando lavoravamo se io mi facevo prendere dallo sconforto, mi diceva: Dai dai, non pensare!
A volte veniva a lavorare con la febbre, io le chiedevo: Ma perché non sei stata a casa? E lei mi rispondeva: Io il male non lo ascolto e lui se ne va via. Se me ne occupo non mi passa.
A. non riesce più a stare seduta, perché se si siede le fanno male le gambe, allora guarda la televisione in piedi appoggiata a un tavolo.
A. è spiritosa e di notte quando finivamo al ristorante l'accompagnavo a casa con la macchina, parlavamo e ridevamo tanto.

A. l'ho rivista poco tempo fa e anche se sono passati tanti anni è ancora uguale, sono andata a trovarla con mia madre che si lamentava per il male alla schiena e A. appoggiata al suo tavolo ha riso e le ha detto: E' perché stai troppo seduta.

BAMBINI



Da qualche tempo tengo laboratori con bambini, bambine.
Io sto molto bene con loro, veramente molto bene.
Da un po' di tempo mi sono accorta che anche loro stanno bene con me e spesso mi dicono: Perchè tu sei come piccola? Sei come noi. E' inutile dire che per me è un complimento eccelso.
Una bambina mi ha addirittura invitata ad un pigiama party.

Io non ho alcun problema con i bambini perché io non li considero bambini, non li considero inferiori mai, neanche per un secondo. Al contrario penso che siano dei grandi maestri e cerco di imparare tutto quello che mi è possibile stando con loro.
A loro insegno solo gli strumenti che conosco per fare in modo che tutto quello che possiedono non venga corroso dagli adulti e loro mi sono grati perché sanno che il nostro è uno scambio basato su solide basi.

Io imparo da loro a tacere, imparo da loro il non giudizio, imparo ancora una volta a scardinare quelle che sono le convenzioni per vedere le cose come sono davvero, imparo ancora a parlare con gli oggetti, imparo a perdere il tempo, a reinventare il tempo e tante altre cose.

Io soffro quando penso ai bambini, perché sono prigionieri politici, soffro perché non hanno diritto di parola, soffro perché portano una luce che con il tempo fanno fatica a tenere accesa. Soffro perché i bambini con cui lavoro hanno già la percezione di vivere in un mondo senza speranza, mi parlano di una scuola che li opprime o li annoia nel migliore dei casi. Bambini che hanno sete di conoscere hanno sete di imparare e la loro sete viene bruciata con la noia, la mediocrità, una sete che non può essere dissetata da un insegnamento vuoto di significato.

Però i bambini non sono altro da noi, i bambini siamo noi, allora mi chiedo, ma cosa sta succedendo?

lunedì 13 gennaio 2014

LA STORIA DELLA MIA VITA



Una mia amica mi viene a trovare quando sono un po' persa, ma io non la chiamo, lei viene perché lo sa da sola. Io le dico che lei è strega e lei mi dice, siamo streghe tutte e due.
Noi in realtà non ci vediamo spesso, non ci frequentiamo mai, ma lei sente quando ho bisogno.
Come ho detto è strega.
Il giorno che è venuta mi ha portato dei regali, ci siamo sedute vicino al fuoco e abbiamo parlato e lei mi ha detto: La vita sulla terra è breve perché è troppo faticosa da sopportare.

La vita è faticosa da sopportare e quando guardo il mio figlio adolescente penso: gli avrò dato tutti gli strumenti necessari? Sarà abbastanza forte? E mi preoccupo oltre ogni misura, a volte non dormo per questa preoccupazione di mamma. Oggi mio figlio mi ha fatto vedere una vignetta di una donna incinta che dice: non riesco a dormire, poi nasce il bambino e dice: non riesco a dormire, poi il bambino cresce e ha paura di notte e lei dice: non riesco a dormire, poi diventa adolescente ed esce dicendo di non aspettarlo che torna tardi e lei dice: non riesco a dormire.

Il Castello
Alla scuola del Castello ho conosciuto tanti amici, sono stata felice per due anni, ho riso tanto e ho fatto delle cose che mi hanno fatta divertire.
Ma poi è finita la scuola e allora ho pensato: adesso devo lavorare. Così ho preparato una cartella con tutti i lavori di grafica che avevo fatto a scuola ma oltre a quelli ho preparato delle cose di mia invenzione, delle piccole ricerche che avevo fatto da sola, ad esempio avevo fatto una ricerca fotografica di tutti i disegni e le scritte sui muri di Milano, ma non graffiti, piccole scritte che la gente faceva sui muri, come se i muri della città mandassero dei messaggi. Avevo trovato delle cose molto interessanti, così avevo elaborato le scritte graficamente.
Così da brava ho preso un elenco delle pagine gialle e ho cominciato a battere a tappeto tutte le agenzie di comunicazione di Milano anche le più famose.
Sempre guardavano i lavori e tutti si interessavano molto ai miei progetti, alcuni mi facevano andare avanti con i progetti e mi dicevano: la prossima volta porta questo. Poi: bene! Ecco adesso fai quest'altro.
Poi io mi stufavo perché non si arrivava mai a niente, così non ci tornavo da quelli che mi facevano portare delle ricerche.
In altre agenzie si entusiasmavano e poi mi dicevano quanto anche loro erano creativi, e mi elencavano le loro idee creative, io stavo lì ascoltavo, poi mi facevano vedere i loro uffici che erano enormi e lussuosissimi e poi mi salutavano.
In una agenzia mi avevano presa in giro, ridevano tra di loro dei miei lavori e poi mi avevano chiesto: Ma tu sei di Marte? E giù a ridere. Quella volta uscendo ho pianto.
L'ultimo incontro è stato così, due ragazzi di un'agenzia hanno guardato i lavori seri e poi mi hanno detto: Usciamo da qui, andiamo in un bar. Siamo andati in un bar e mi hanno detto: Di dove sei? Io ho risposto e loro hanno detto: Torna là, vai via da Milano, scappa finché sei in tempo, vai via! Tu in queste agenzie moriresti, qui la creatività non esiste, vai in provincia le cose più belle vengono da là. Qui non c'è più niente.
Io quando sono tornata verso l'appartamento pensavo che me lo dicevano perché non mi volevano, ero stupida e ingenua. Ma ho spesso ripensato a quei due ragazzi che mi hanno portata fuori dall'agenzia per salvarmi e sempre con il pensiero li ringrazio.

A quel punto avevo capito che con le agenzie non c'era niente da fare, ma io non volevo andare via da Milano o meglio non volevo lasciare l'appartamento con le mie amiche, con loro stavo bene e non volevo tornare a Sabbioneta, così risposi a un annuncio dove cercavano dei ragazzi per restaurare i palazzi. Così ci andai all'appuntamento e c'era un cantiere, un'impalcatura enorme attorno a un palazzo antico, Mi è venuta incontro una ragazza che mi ha spiegato tutto e mi ha fatto salire sull'impalcatura in altissimo sul palazzo. Là in alto non sembrava di essere a Milano ma sembrava un altro posto, c'erano dei ragazzi con le tute bianche che pulivano il palazzo e quando passavo mi salutavano e sorridevano. Io ero felice in alto sul palazzo e volevo andarci vestita con la tuta bianca.
La ragazza che mi parlava era decisa e forte dirigeva lei i lavori e mi ha detto che secondo lei io andavo bene e che sicuramente mi avrebbero presa, che avrebbe parlato con il capo e mi avrebbe chiamata. Così ho lasciato il mio numero sicurissima che sarei stata presa.
Ma invece non mi hanno presa, senza spiegazioni non mi hanno presa.
Il mio destino non poteva proseguire per quella strada adesso ne sono sicura e credo che sia solo per questo motivo che non sono stata presa.
Così ho lasciato l'appartamento e le mie amiche. Era finita così. Tornavo a Sabbioneta.