martedì 30 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA


Il mio gatto Ciuschi prima amava me perdutamente, adesso ama mio figlio.
Per un po' sono stata gelosa, ma poi ho pensato che sono uguali e si capiscono.
Sono due adolescenti.
Così lascio stare.

lunedì 29 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Le vacanze a Rimini

Avevo sedici anni e mia sorella venti quando i miei genitori hanno deciso in estate di affittare una casa a Rimini per due mesi. Noi saremmo state sempre al mare e i miei genitori sarebbero venuti solo quando avevano i due giorni di chiusura del ristorante.

Quella è stata per me una vacanza indimenticabile.

Nel bagno dove avevamo affittato l'ombrellone c'era un ragazzo che faceva l'aiuto bagnino.
Mi piaceva tanto. Così ci guardavamo.
Dopo ci siamo conosciuti e a me piaceva sempre di più, perché era proprio un bagnino, era abbronzato e muscoloso. A volte ci baciavamo di sera sulla spiaggia, io ero felice perché tutto era molto divertente e in regola, la storia con il bagnino a sedici anni, i baci in spiaggia sulle sdraio.

Però un giorno nel nostro bagno è arrivata una ragazza straniera molto bella, credo fosse tedesca o francese, non lo so, però era bella e lui come un vero bagnino pochi giorni dopo baciava lei.
Io sono rimasta atterrita e all'inizio ho avuto una vera crisi di gelosia e piangevo vero dolore d'amore.
Poi ho conosciuto due fratelli che venivano da Medicina un paesino vicino a Bologna, e tutto ha preso un'altra piega. Questi due fratelli avevano circa la mia età ma erano davvero due persone fuori dall'ordinario, fisicamente ricordavano quei ragazzini che a scuola sono considerati i veri secchioni, con gli occhiali e sempre vestiti fuori moda, magrolini e sempre bianchi nonostante il sole.
Però avevano un'intelligenza e una cultura fuori dal comune, e soprattutto un senso dell'umorismo strepitoso. Con loro passavo tutte le mie giornate, giocavamo e parlavamo per delle ore.
Parlando con loro ho imparato un sacco di cose, ma soprattutto riuscivo a ricreare la magia del gioco infantile, quella che ti fa dimenticare tutto, il tempo, il luogo e la questione del sesso.
Sempre giocando dimentichi di tutto, abbiamo conosciuto anche una ragazzina anche lei straordinaria nella sua potenza selvaggia. Era bella e libera da ogni convenzione, camminava sempre scalza anche quando ci trovavamo di sera per fare delle passeggiate in città, sembrava sempre sfidare il mondo oppure non si accorgeva proprio del mondo. Io la guardavo e volevo essere lei.
Eravamo un gruppo strano, ma ci divertivamo da pazzi.

Ad un certo punto il bagnino è tornato da me, forse perché la straniera bellissima era partita o forse perché vedeva che mi ero completamente dimenticata di lui, e così sono tornata a baciarlo tutte le sere in spiaggia. Adesso con la complicità del bagnino avevamo accesso a tutte le attrezzature del bagno, dalle cabine tirava fuori copertoni giganti di camion, ci dava i pedalò gratuitamente e così le giornate erano ancora più divertenti.


martedì 23 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Lo specchio

Ultimamente mi sono ricordata di una cosa.
Quando ero piccola facevo spesso un gioco, mi fissavo allo specchio per diversi minuti fino a quando non riconoscevo più la mia faccia. Un giorno mentre facevo questo gioco, mi sono guardata intensamente facendomi una promessa: Quando sarò grande mi guarderò allo specchio e così io potrò vedermi da grande e com'ero da piccola. Mi sono data un'appuntamento.
Ogni tanto ripensavo a questo appuntamento e devo dire la verità, qualche volta ho anche tentato di guardare per vedere se io grande e io piccola si potessero vedere veramente. Però non mi vedevo mai.
Un giorno ho preparato una mostra di quadri che consisteva nel dipingere sopra delle mie foto di infanzia.
Mi è capitata in mano una foto dove fissavo l'obbiettivo e mi sono vista, e io piccola sono sicura mi ha vista. Finalmente ci siamo incontrate. Così ho messo la foto in cornice e l'ho appesa di fronte al letto.

Adesso devo stare attenta perché lei, la io piccola, mi guarda sempre e non posso deludere le sue aspettative.

venerdì 19 ottobre 2012

CUCU!! STIAM TORNANDO




Cari amici, è con grande emozione e felicità che vi comunico che, dopo tanto tempo, siamo finalmente pronti a tornare in Italia con alcune novità interessanti, che vi sveleremo piano piano!
cu cu!!! stiam tornando...

www.esserini.it

LA STORIA DELLA MIA VITA



Che strano riscoprire a quarant'anni una cosa che da bambini si sa con certezza e cioè che tutto ciò che si chiama arriva. Questa cosa da bambini non procura più di tanti problemi, perché si chiamano cose innocue, dolci, giochi, persone amate. Ma diventati adulti essendo generalmente malati e marci, si chiamano cose malate e marce. La vita ci mette continuamente alla prova cercando di farci capire che è ancora tutto come prima, ancora è possibile chiamare a noi il bello, ma siamo troppo affezionati al nostro malessere, non possiamo abbandonarlo, ci sembra impossibile perché senza dolore cadiamo nel vuoto, non ci sentiamo più, ma forse è proprio quello che bisogna arrivare a conquistare il non esserci più.

Mia sorella aveva cominciato l'università a Firenze, faceva architettura. In realtà a mia sorella non interessava minimamente l'architettura, era stata spinta da mio padre, che era fissato con l'idea che avere una laurea in architettura le avrebbe assicurato un futuro brillante.
Ma mia sorella è un'attrice, la è sempre stata, è nata attrice, è nata per recitare, per raccontare, per costruire storie bellissime e per raccontarle così bene da farti vedere le parole trasformarsi in immagini. Il suo corpo è il corpo di un'attrice, la sua voce è potente e quando la usa veramente può far tremare, può far piangere o ridere a crepapelle.
Così a Firenze oltre a frequentare architettura cominciò a frequentare dei corsi di teatro, in questo modo conciliava il desiderio di mio padre con la sua vera natura.
Tornava a casa tutti i fine settimana, ci vedevamo meno, ma entrambe stavamo finalmente vivendo la nostra vita, ci sentivamo spesso al telefono e ogni tanto andavo a trovarla a Firenze.

LA STORIA DELLA MIA VITA





La musica

La musica per me è sempre stata molto importante, un alimento essenziale per poter continuare a vivere. Mio padre ascoltava molta musica classica, il suo compositore preferito era Beethoven, c'è stato un periodo in cui ha avuto una forte crisi depressiva, era dimagrito tantissimo, non rideva più, stava male, adesso ci dice sempre questa frase: Io sono guarito ascoltando Beethoven!
Un giorno dell'anno scorso tornando da Milano in macchina ci siamo fermati a un autogrill e mio padre ha preso un cofanetto delle opere del suo amato compositore e me l'ha regalato dicendo: Per la depressione!
Da piccola ascoltavo per ore il Bolero di Ravel e mi immaginavo storie fantastiche generalmente ambientate nello spazio cosmico, con protagonista il Dio Ivano.
La musica mi ha sempre esaltata, mi ha fatto raggiungere stati di vera e propria estasi, ancora adesso è così. Posso anche non avere amici, posso non mangiare per qualche tempo oppure non avere rapporti umani in genere, ma non posso stare senza la musica.

Comunque tutta questa cosa che ho scritto è solo per dire che nei primi anni di superiori ero molto appassionata di Peter Gabriel, lo amavo completamente. All'epoca esistevano solo i vinili e io i suoi li avevo comperati tutti. Poi avevo comprato anche la discografia dei Genesis.
Andavo in un negozio di dischi di Mantova, poi tornavo a casa con il mio disco incelofanato, lo aprivo e lo mettevo sul giradischi e lo facevo suonare per ore, per giorni e immaginavo storie cosmiche ma senza il Dio Ivano, perché ormai avevo capito che non esisteva.
Io non sono mai stata molto interessata ai ragazzi, probabilmente il mio bisogno di amore era soddisfatto da altre passioni che mi appagavano completamente, a volte mi piacevano dei ragazzi della mia età, ma li guardavo da lontano, mi immaginavo le loro vite, immaginavo come poteva essere parlare con loro, immaginavo relazioni fantastiche e perfette, ma poi me ne dimenticavo, perché venivo assorbita dal mio mondo parallelo.
Mio padre aveva sempre sognato di imparare a suonare il pianoforte, così mi aveva iscritta ad un corso privato da un'insegnate che viveva in un paese vicino al nostro. Mi aveva anche comperato un pianoforte. La mia insegnante era molto seria, usava un metodo classico molto rigido, durante le prime lezioni non mi faceva mai toccare la tastiera, ma mi faceva suonare il tavolo, per impostare le mani. Diceva che ero portata, solo che io mi annoiavo tantissimo a studiare i solfeggi, non studiavo mai e lei giustamente si arrabbiava.

Adesso avevo la scuola, avevo i disegni, la musica, il pianoforte, i libri e credevo fortemente al fatto che la mia vita sarebbe stata meravigliosa, come poteva non esserlo?
Come poteva non essere meraviglioso un mondo dove esistevano delle cose così belle, cose che non si esaurivano mai.
Avevo una folla di amanti che mi davano tutto l'amore di cui avevo bisogno, che infiammavano il mio cuore con parole, suoni e immagini sublimi.
Non ero mai sola.

mercoledì 17 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




T.

Ho avuto molti amici in classe con me, in particolare mi ricordo di una ragazzina che era stata adottata, era di origini coreane. La sua famiglia era molto borghese, molto mantovana e lei nonostante fosse impregnata di una cultura borghese e superficiale aveva un'anima forte e profondamente orientale, non so come sia possibile perché era stata adottata quando ancora era neonata, ma una parte di sé era rimasta intatta e spesso questa sua parte si ribellava come poteva a delle assurde convenzioni.
Una cosa che le invidiavo profondamente, era il fatto che affrontava in ogni circostanza le persone in modo diretto e senza filtri. Se doveva dire qualcosa a qualcuno, che fosse un ragazzo o un professore, andava decisa e diretta e la cosa che mi colpiva di più era che parlava senza pudore di sentimenti di quello che provava o pensava senza paura. Questa era una cosa che io non facevo mai, avevo il terrore di scatenare le reazioni delle persone che avevo di fronte, ma questo suo modo così diretto e coraggioso, spiazzava talmente le persone da non creare mai delle reazioni contrarie a quello che lei si aspettava. Questa cosa l'ho imparata da lei, come ho imparato anche che i sentimenti non si devono far mai marcire dentro, ma bisogna usarli, esprimerli, sempre, senza avere paura e quando le relazioni ci fanno male vanno chiuse al più presto, senza esitare. 

LA STORIA DELLA MIA VITA




Istituto d'Arte

Quando ho cominciato a frequentare l'Istituto d'Arte di Mantova mi sono finalmente sentita a casa.
Finalmente amavo il posto in cui stavo, amavo i professori, amavo i miei compagni di classe, amavo il fatto che per ogni ora di lezione si dovesse cambiare aula, che all'interno della scuola ci fosse una mostra dei lavori degli studenti, amavo il fatto che ero a Mantova.

Mi ricordo che odiavo il sabato e la domenica perché si restava a casa e adoravo il lunedì perché potevo tornare a scuola.
Ogni mattina mi alzavo alle 6.00, scendevo nella pizzeria, dove tutto era spento, silenzioso, mi facevo un cappuccino, che bevevo in piedi nel bancone del bar, e poi uscivo. In inverno c'era un buio pesto e spesso c'era la nebbia, io a volte avevo paura, perché dovevo camminare un po' per arrivare alla fermata della corriera. Una mattina ho incontrato un tipo che circolava nel paese, che aveva un occhio bianco.

Purtroppo tutte le mattine a un'ora stabilita, che generalmente corrispondeva esattamente al momento in cui arrivavo alla fermata, mi scappava terribilmente la cacca. A volte resistevo e facevo tutto il viaggio in corriera con forti dolori alla pancia, ma a volte quando proprio non ce la potevo fare tornavo a casa a farla. Poi svegliavo mio padre e gli dicevo: papà, papà... ho perso la corriera. Allora lui si alzava subito.

Il viaggio in macchina con mio papà era molto più divertente della corriera, un po' perché avevo l'intestino in pace con se stesso e un po' perché mio papà mi faceva ridere. Mi raccontava sempre delle cose divertenti e poi sorpassava tutti e a volte litigava con gli altri automobilisti, e dopo ridevamo.

Ripensandoci i miei professori delle superiori erano davvero bravi, specialmente alcuni di loro mi hanno trasmesso un metodo di lavoro e un approccio alle cose che mi ha seguito per tutta la vita. Mi hanno insegnato a non accontentarmi mai dei primi risultati ottenuti, ma di insistere sempre fino ad essere veramente soddisfatta del risultato, a non essere superficiale.
Nella scuola c'erano anche i laboratori di ebanisteria, di metalli e di plastica. Il professore di ebanisteria sembrava un vecchio boscaiolo, era un omone alto con i capelli bianchi, e un giorno ci ha insegnato ad usare lo scalpello, siccome era un po' burbero ci aveva detto: Mai, mai la mano davanti allo scalpello, perché se vi tagliate ve la dovrete vedere con me. Io naturalmente mi sono tagliata subito e siccome avevo molta paura di vedermela con lui, ho tenuto la mano in tasca per il resto della mattina, così l'ho riempita di sangue.


lunedì 15 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA





Voglio solo far sapere a tutti che stamattina ho smontato il sifone del lavandino in lavanderia.
Il lavandino era otturato e non potevo più far andare la lavatrice e nessuno veniva ad aggiustarlo, questa situazione durava da giorni e avevo una montagna di panni da lavare.
Così ho preso la cagnetta e ho smontato tutto, mi sono schiacciata un dito, un po' ho pianto di dolore. Ma poi ho continuato, ho pulito il sifone, ma la guarnizione era marcita, ho preso la bicicletta sono andata dall'idraulico ho comprato una guarnizione nuova, ho rimontato tutto e adesso funziona.

domenica 14 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




Ieri ero a Milano.
Ero a casa di mia sorella e dovevo uscire a prendere il treno per tornare a casa mia.
Fuori c'era brutto tempo e io avevo solo la camicia, avevo freddo, così le ho chiesto un maglione in prestito. In realtà fuori non c'era freddo, ho avuto caldissimo fino alla stazione.
Allora ho pensato che le città non hanno i luoghi aperti come la campagna. In campagna o nelle piccole città quando esci di casa, vai in un luogo aperto, esci fuori e se è inverno hai freddo.
Invece nelle grandi città sei ancora dentro a qualcosa di più grande, ovunque c'è caldo e ovunque ci sono degli schermi televisivi.
Sei in un'altra stanza più grande.

Terrore notturno

Nella pizzeria c'erano molte persone che lavoravano per i miei genitori, tra loro c'era un uomo piccolo e tarchiato che aiutava mio padre a fare le pizze, mia sorella mi prendeva sempre in giro dicendo che da grande io lo avrei sposato, e siccome si occupava anche dei fritti, lei ci vedeva in futuro a lavorare insieme nella pizzeria, però lui nel preparare i fritti essendo piccolo, sarebbe spesso caduto nella friggitrice e così io sarei stata sempre al suo fianco per estrarlo alzandolo da sotto le ascelle.
Io ridevo tantissimo per queste cretinate, però un po' mi arrabbiavo perché mentre lo raccontava mi sembrava vero, così un po' ridevo e un po' mi innervosivo.

In quel periodo avevo tantissime visioni durante la notte, quando si faceva sera cominciavo ad essere in ansia perché sapevo cosa mi aspettava. Spesso riuscivo a stare sveglia fino all'alba, così mi salvavo e dormivo tre o quattro ore fino al momento di andare a scuola.
La situazione alla Buca era molto peggiorata rispetto le altre case dove avevamo vissuto, perché durante la notte, quando venivo svegliata dalle visioni, contemporaneamente si sentivano sul tetto del ristorante dei rumori fortissimi, dei colpi e un rumore che sembrava provocato da qualcuno che spostava mobili molto pesanti sopra di noi. Io rimanevo gelata nel letto, non riuscivo più a muovere un muscolo fino al primo canto degli uccellini, che per me annunciava la fine del tormento e così mi scioglievo e per qualche ora potevo riposare.
Di questa cosa a un certo punto ho cominciato a parlarne a mia sorella, così una notte è rimasta sveglia con me e anche lei ha sentito i rumori, così ho terrorizzato anche lei. Insieme abbiamo deciso di parlarne con i miei genitori, così una notte tutti e quattro siamo stati ad aspettare e quando sono cominciati, mia madre è rimasta sbalordita come noi due, invece mio padre ha detto che erano rumori di assestamento del tetto. Il giorno dopo è salito in soffitta per vedere cosa ci fosse, ma non c'era niente, così ha concluso dicendo: Sì, sono rumori di assestamento.
Però io ho continuato con le mie nottate da incubo, con le visioni e tutto il resto.
Mia madre per concedermi un po' di tregua ogni tanto mi dava qualche goccia di Valium, so che può sembrare irresponsabile da parte di una madre fare una cosa del genere, però io in quelle notti dormivo, avevo una tregua e per un po' potevo riposare.



mercoledì 10 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Una frase che mi ha sempre molto aiutata nei momenti in cui avevo molta paura era una frase che mi diceva sempre mio padre: La cosa peggiore che ti può succedere è morire.

LA STORIA DELLA MIA VITA



E' molto difficile, entrare nelle cose di questo mondo, si sbaglia sempre, qualsiasi azione causa degli effetti inaspettati e dolorosi per qualcuno, ogni tua azione può causare un dolore e una gioia contemporaneamente e non puoi farci niente anche se agisci al meglio delle tue possibilità.

Ritorno in paese

La vita a Mantova è durata poco, siamo rimasti solo un anno, perché mio padre ha trovato una pizzeria in un paese vicino a quello dove vivevamo prima. Questo paese, anche se sembra impossibile era ancora peggio del precedente, ma probabilmente la pizzeria era un'occasione. Così in poco tempo abbiamo fatto i bagagli, abbiamo riempito sacchi dell'immondizia e scatoloni con tutte le cose e ci siamo trasferiti.
La pizzeria aveva un appartamento al piano di sopra dove noi saremmo andati a vivere.

Nel frattempo io mi ero iscritta all'Istituto d'Arte di Mantova e mia sorella aveva finito l'ultimo anno di liceo e quindi stava per iscriversi all'università.
Gli anni trascorsi in questa pizzeria a cui mio padre aveva dato il nome emblematico di La Buca, sono stati abbastanza angoscianti, però grazie a Dio ogni mattina prendevo la corriera e andavo a Mantova, quindi non ho mai vissuto veramente in quel paese.

Come sempre si lavorava tanto, io ero addetta alla cucina e in alcune sere aiutavo mio padre a fare le pizze, mia sorella faceva la cameriera. In cucina lavorava una signora che si chiamava A.
A. era una signora che quando era piccola era stata mandata a lavorare al servizio di una famiglia e da allora non si era mai più fermata, il lavoro era diventato per lei come una sorta di meditazione, era una donna molto saggia, non si lamentava mai e per ogni problema aveva una risposta asciutta e profonda. A. non si sedeva mai e anche a casa guardava la televisione in piedi appoggiando una mano sul tavolo. Aveva il senso dell'umorismo e mi voleva bene. Mi ricordo una sera che in pizzeria c'era così tanta gente che i biglietti delle ordinazioni si accumulavano senza fine, avevamo finito quasi tutto in cucina e io mi sono messa a piangere e lei mi diceva: dai dai non piangere, andiamo avanti...
Quando era malata veniva a lavorare lo stesso e io le dicevo ma A. come fai? E lei mi rispondeva, io non lo ascolto il male e così poi lui si stanca e va via.
Nelle sere in cui mancava l'aiuto pizzaiolo mi trasferivo al forno con mio padre, ma mi vergognavo perché il bancone era aperto e tutta la gente mi vedeva, allora mio padre mi diceva: non ti devi vergognare, anche Sofia Loren faceva la pizzaiola.
In pizzeria facevamo molti fritti, pesce gatto fritto e fritti di pesce misto, l'odore saliva fino in casa e così i nostri vestiti puzzavano sempre.

Gli abitanti di quelle zone erano molto grezzi, era come se il tempo non fosse mai arrivato in quella zona del mondo e fosse rimasto inalterato. Sembrava di essere nel vecchio west americano, c'erano ancora uomini con zoccoli di capretto, tutto era mosso da istinti primordiali, le cameriere si potevano insultare liberamente e trattare come le donne dei saloon.
Così una sera io ero in cucina e mia sorella portava le pizze ai tavoli, un gruppo di ragazzotti ha cominciato a tormentarla con frasi sempre più pesanti e ad un certo punto, mia sorella ha dato uno sberlone a uno di questi ragazzi, poi è scappata in cucina piangendo, la sala è diventata improvvisamente silenziosa e immobile. Mio padre allora ha chiesto a mia sorella cosa stava succedendo, lei gli ha spiegato e lui infuriato è andato dal ragazzo gli ha tolto la sedia da sotto il sedere e l'ha sbattuto fuori.

lunedì 8 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Stamattina doveva venire la mia padrona di casa per sistemare dei conti e nel frattempo voleva vedere la casa perché non aveva ancora visto come l'avevo arredata.
Siccome io ho sempre un senso di inadeguatezza e l'ansia di essere sgridata per qualcosa, ho cominciato a pulire la casa dalle sette del mattino, ho riordinato tutto anche la camera di mio figlio.
La mia padrona di casa doveva arrivare alle undici, così alle undici in punto mi sono seduta stanca e un po' agitata, fumando una sigaretta sul balcone. Poi è suonato il telefono ed era lei che mi avvisava che non poteva venire. Sono rientrata nella mia ordinatissima e profumatissima casa, sentendomi un po' a disagio. E ho pensato che in questo ultimo periodo queste circostanze si stanno ripetendo continuamente, appuntamenti saltati, promesse di lavoro non mantenute, aspettative deluse, scatole che dovrebbero contenere oggetti che si rivelano vuote all'ultimo momento.
La vita ci parla in continuazione con messaggi chiari, ma che noi non capiamo e così come dei caproni continuiamo ostinatamente in azioni ripetitive e autistiche, sordi e ciechi ai messaggi che ci arrivano.
Questa premessa l'ho fatta anche per raccontare una cosa strana che mi capita in continuazione da circa un anno.
Tutto è cominciato un giorno in cui in modo ossessivo continuavo a vedere numeri doppi ovunque. Mi spiego meglio, ad esempio accendevo la macchina e l'orologio sul cruscotto segnava le 16:16, poi suonava il cellulare, guardavo lo schermo e l'orologio segnava le 11:11, e così per cinque sei volte durante tutto il giorno. Ho pensato a una coincidenza, ma da quel giorno la storia dei numeri si ripete ogni giorno, ossessivamente e continuamente.
Anche in questo caso non so proprio cosa pensare.


L'occhiale con il giornale

Mia mamma è sempre stata un mulo, ha sempre lavorato senza mai fermarsi, con ostinazione e grande forza, oltre i limiti che il suo corpo a volte le imponeva. 
Nel periodo mantovano lei e mio padre erano riusciti a far diventare un bar per vecchi che giocavano a carte in una paninoteca frequentatissima. Lavoravano tantissimo, e anche noi quando tornavamo da scuola li aiutavamo perché all'ora di pranzo era pieno di gente. Nel loro lavoro i miei genitori non li batteva nessuno, anche perché era la loro unica ragione di vita e investivano tutte le loro energie e tutta la loro passione nei vari locali che aprivano.
In quel periodo però mia madre aveva superato uno dei limiti e così il suo corpo cominciava a ribellarsi facendo in modo che un occhio in alcuni momenti andasse per conto suo, così lei ti guardava ma il suo occhio iniziava a deviare andando a finire in un angolino. Era una cosa impressionate a vedersi ma lei non se ne accorgeva, i clienti glielo facevano notare un po' impressionati, allora lei per ovviare al disagio che procurava alla clientela, attaccava a un paio di occhiali dei pezzi di giornale. 
Così lavorava con vari articoli di giornale su un occhiale, in questo modo offriva alla clientela un servizio in più.

venerdì 5 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Spesso al pomeriggio io e F. andavamo a trovare un nostro compagno di classe che abitava in un paese a circa dieci Km da Mantova. Andavamo in bicicletta. Un giorno eravamo senza bici e così decidemmo di affittare un tandem. In piazza Sordello a quell'epoca c'erano ancora dei piccoli negozietti e uno di questi era un garage che affittava biciclette, tandem e motorini. Così siamo andate a chiedere un tandem, ma la signora che li affittava ci disse che non era possibile perché avevamo solo tredici anni, e che per affittare qualsiasi cosa ci voleva un documento. Così io chiesi: Ma in che senso? Cioè che documento? E lei: Qualcosa su cui ci sia una foto un nome e un indirizzo.
Così io e F. siamo corse alla macchinetta per fare le foto, poi ho preso un cartoncino ho scritto il mio nome, il mio indirizzo e ho appiccicato la foto.
Siamo tornate dalla signora che quando ha visto il mio documento ha riso tantissimo, poi è andata in tutti i negozi vicini al suo per farlo vedere. Tutti ridevano.
Ma poi è tornata e ci ha dato il tandem. E' stata molto bella quella giornata perché ci sembrava di avere la macchina.
Abitare a Mantova era bello perché rispetto al paese dove vivevamo prima, offriva un sacco di divertimenti, tutte le domeniche andavamo al cinema, ho visto tantissimi film in quel periodo e poi io a Mantova non ero più la figlia del ristorante, non ero nessuno ero una ragazzina come tante altre.

Alla fine dell'anno scolastico il giorno dell'esame di terza media io ho sbagliato a guardare il giorno dell'esame e sono andata in piscina con F. Alla sera mia mamma mi ha detto che mi era venuta a cercare la bidella. Ero disperata, però il giorno dopo mi hanno fatto fare lo stesso l'esame, mi hanno anche promossa, credo l'abbiano fatto per non rivedermi mai più.

Il nostro cane Biba era venuto a vivere con noi, Pinky invece era morto da qualche tempo schiacciato da un camion. Pinky aveva un ossessione per i camion li inseguiva per mordergli le ruote.
L'ultima volta che ha tentato non ce l'ha fatta. Tutti abbiamo molto sofferto della sua morte era un cane molto intelligente, la Biba ha ululato per parecchie notti dopo la sua morte.
La Biba non amava molto vivere a Mantova, però pur di stare vicino a noi si era adattata anche all'angusto magazzino.

LA STORIA DELLA MIA VITA




Capitolo 4

MANTOVA

Dopo aver vissuto un bel po' di tempo nella casa da sole, i miei genitori hanno deciso che era giunto il momento di portarci a Mantova a vivere con loro. Avevano preso in gestione un bar che aveva nel retro tre camere e un bagno, dove potevamo vivere. Non posso dire che fosse un appartamento vero e proprio, però ci si poteva vivere, in effetti queste camere erano adibite a magazzino del bar, così abitavamo in mezzo a scatoloni contenenti patatine, frigoriferi con gelati, cassette piene di bottiglie. Alcuni scatoloni diventavano mobili su cui appoggiare la televisione o altre cose.
Mia sorella appena abbiamo preso possesso della nostra camera da letto ha deciso di dipingere il pavimento di rosso. Così con una tanica di vernice abbiamo dipinto tutto il pavimento. L'effetto era un po' inquietante, sembrava un po' una camera di Shining. Così i miei incubi notturni avevano lo scenario perfetto. 
Io in quel periodo avevo tredici anni e dovevo cominciare la terza media. Ero molto preoccupata e intimorita perché non conoscevo nessuno, venivo da un piccolo paese, avevo paura. 
In quegli anni tenevo i capelli lunghi ero una bambina normale a vedersi, mancavano pochi giorni all'inizio della scuola e un pomeriggio mia sorella è venuta da me con un giornale di moda e mi ha fatto vedere una fotomodella bellissima con un taglio di capelli molto corto dicendo: Vuoi che ti taglio i capelli così? Secondo me stai bene diventi come lei. Io all'inizio ho resistito, ma dopo varie insistenze ho pensato: Ma sì dai, voglio diventare bellissima come questa fotomodella. 
Mia sorella mi ha tagliato i capelli cortissimi. Dopo alcuni giorni sono andata nella nuova scuola, mi ricordo che eravamo tutti fuori nella piazza, io mi sono seduta su un monumento, e alcuni ragazzini mi prendevano in giro dicendo: Ma tu chi sei? Sei nuova? Ma come ti chiami? E io rispondevo: Simona. E loro: Simona o Simone? Non si capisce, sei un maschio o una femmina? Ma da dove vieni? Io ero angosciata e pensavo a mia sorella che diceva: Dai, vedrai diventi bella come questa fotomodella! 
Comunque a parte l'inizio drammatico la terza media è stata per me divertimento allo stato puro. 
A scuola non si faceva mai assolutamente niente, non ricordo di aver mai fatto un compito. La classe era formata da ragazzi e ragazze borderline, come d'altronde ero anche io, eravamo quasi tutti provenienti da famiglie un po' assenti. Non so perché fossi capitata proprio in quella classe, con elementi così simili a me, forse era la zona, non so. 
Comunque i professori erano come rassegnati a non essere mai ascoltati da nessuno.
In terza media per la prima volta in vita mia ho capito di essere bassa e di avere il senso dell'umorismo. 
Subito i primi giorni ho fatto amicizia con una ragazza che si chiamava F. 
F. era una ragazzina dura, cinica, sorrideva raramente, era molto forte e decisa nei modi, tutti in classe la rispettavano, anche i maschi. Nessuno mai la prendeva in giro, lei non aveva soprannomi. Persino i professori avevano una sorta di inquietudine nel trattare con lei. Non so perché ma F. si affezionò subito a me, mi prese sotto la sua ala, e così anch'io in poco tempo diventai intoccabile. Eravamo sempre insieme e ogni pomeriggio era una nuova avventura. Credo che lei si fosse attaccata a me perché ero molto infantile e per un po' di tempo ha potuto vivere un po' di infanzia, che ripensandoci adesso credo non avesse mai potuto vivere fino a quel momento. In effetti fuori da scuola giocavamo come due bambine, eravamo sempre in giro, affamate di vita. Tutto era una scoperta e niente era impossibile. 

lunedì 1 ottobre 2012

Maiali e soldato romano


Foto di maiale

LA STORIA DELLA MIA VITA

GNICCHI

Vorrei parlare di Gnicchi, per non dimenticarmi che anche da piccola ogni tanto qualcuno mi vedeva.

Quando tornavo da scuola di solito il ristorante era pieno di gente e quindi sia io che mia sorella ci prendevamo dalla cucina quello che capitava e mangiavamo da sole.
Però io avevo Ghicchi.

Ghicchi che tutti i giorni non cominciava a mangiare se non c'ero io, che ascoltava gentile, che mi trattava con rispetto come se fossi stata grande. Era un mediatore, un signore bello e distinto, mia mamma mi ha raccontato dopo tanto tempo che non ha mai avuto vita facile nel paese, perché era considerato un mascalzone, uno diverso. Una volta lo avevano anche picchiato.
Mangiava tutti i giorni al ristorante perché era sempre in giro per lavoro e perché viveva solo.
Tutto il periodo delle elementari ho sempre mangiato al tavolo con lui, con i tovaglioli di stoffa e con tutto apparecchiato bene, quando arrivavo mi salutava serio, come se fosse arrivato un suo collega di lavoro e poi ordinavamo. Tutti i giorni per cinque anni.

Dopo tanti anni, quando io avevo già trent'anni, Ghicchi ha avuto un forte esaurimento nervoso, ormai non lavorava più da tempo, era solo e non riusciva più a mangiare, così veniva nel ristorante dei miei genitori per cercare di mangiare un po'. Per una serie di circostanze in quel periodo anche io ero tornata al paese, così dopo più di vent'anni ci siamo ritrovati a mangiare assieme tutti i giorni e come venti anni prima lui non iniziava a mangiare senza di me, come tanti anni prima lui mi ascoltava serio e rispettoso.

Non ho mai fatto in tempo a ringraziarlo, dopo poco tempo è morto.

LA STORIA DELLA MIA VITA

IN ESTATE