giovedì 13 dicembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




In questo periodo devo fare tante cose, organizzare la mia testa, occuparmi delle persone che mi circondano, sono confusa e così ho deciso che adesso non faccio niente, mi siedo qui e scrivo un altro capitolo della mia storia.
Oggi per strada ho visto due ragazzini adolescenti con i loro corpi informi, goffi e pieni di brufoli e ho pensato: che fatica l'adolescenza, ma in generale che fatica questo corpo che ci porta in giro, sempre in lotta con la sua pesantezza con la sua continua trasformazione, con la decadenza, la malattia.
Io avevo un'amica che credeva agli gnomi e ai folletti, viveva in Alto Adige, lei stessa sembrava una creatura del bosco, quando camminava non faceva rumore, la sua pelle era bianca come la Luna.
Lei credeva così tanto al suo mondo parallelo che quando le stavi vicino potevi affacciarti anche tu.
Quindi oggi ho capito che non esiste nessun mondo, nessuna realtà, ognuno vive portandosi dietro il suo universo personale, c'è chi si porta dietro un inferno, chi un mondo popolato da alieni, chi mondi popolati da fate del bosco. Questo per dire che negli ultimi anni mi sono sforzata di far parte del "mondo" degli umani, con conseguenze disastrose, dato che il mondo non esiste e gli umani stessi sono solo un'illusione.
Così dichiaro qui in questo momento che da oggi non mi sforzerò più di fare l'umana.


Sissy

Un giorno non ricordo come, sono venuta in possesso di una fanzine dove c'era un trafiletto scritto da un certo Vittore Baroni che parlava di Mail Art.
La Mail Art è un movimento artistico d'avanguardia nato negli anni '50.
Consiste nell'inviare per posta a una lista di artisti, che fanno parte del progetto, opere d'arte.
Nell'articolo veniva spiegato questo movimento artistico e Vittore Baroni, che io qui ringrazio, aveva pubblicato una lista di artisti che partecipavano al movimento.
Naturalmente cominciai subito a spedire ad ogni nome sulla lista una cartolina disegnata da me e poi aspettai. Non ho mai atteso niente con tanta trepidazione, a volte pensavo che nessuno mi avrebbe risposto, ogni giorno guardavo nella cassetta delle lettere sperando di trovare qualcosa e infatti un giorno trovai qualcosa.
Era una cartolina piena di collages e disegni, me l'aveva spedita un ragazzo italiano... Sissy.
Per un po' di anni ho continuato a partecipare alla Mail Art, avevo amici in tutto il mondo e ho raccolto diverse opere di artisti.
La cosa più bella che mi ha regalato questa esperienza, oltre al fatto di aver sperimentato questo scambio libero e meraviglioso, è stata l'amicizia con Sissy.
Sissy è un uomo speciale, e la nostra amicizia è speciale.
Per diversi anni ci siamo scambiati lettere, disegni, foto, video.
Nelle lettere parlavamo della nostra vita, della parte più profonda dei nostri pensieri, delle cose leggere, delle cose tristi e delle cose belle che ci succedevano. Ho scatole e scatole di lettere di Sissy.
Dopo alcuni anni di rapporto epistolare ci siamo incontrati a Treviso, la sua città.  Ci siamo dati appuntamento e io ero molto emozionata, l'ho aspettato a lungo ma non è arrivato. Il giorno dopo mi ha telefonato dicendomi che si era rotto un braccio facendo una mossa di karate per gioco a uno dei suoi ragazzi, Sissy insegna a ragazzi disabili.
Così ci siamo visti il giorno dopo, ed è arrivato con il braccio ingessato. Mi ha fatto visitare Treviso e io ho capito che Sissy non era come gli altri umani, camminando per la città mi faceva visitare i vicoli più bui, che a una persona distratta potevano sembrare insignificanti, mi faceva vedere una scala, un disegnino su un muro, un lampione particolare, un fiumiciattolo che non si vedeva perché era sera e c'era buio, camminando per la strada lo salutavano le prostitute i barboni, gli ubriachi e i cinesi e lui mi spiegava per ognuno una storia.
Sissy è puro, se dovessi immaginare come potrebbe essere un angelo su questa terra credo che lo immaginerei uguale a lui. Sissy non ha filtri, questa cosa è bellissima ma anche terribile su questo pianeta perché non viene compresa, perché spaventa.
Sissy è un grande artista, nel senso più alto della parola e il bene che provo per lui è diverso dal bene che provo per qualsiasi altra persona, perché è un bene che non ha nessun legame con i condizionamenti materiali, con le convenzioni, è un bene senza filtri, è un bene libero da bisogni e dalle implicazioni che generalmente hanno i rapporti umani.
Un paio di anni fa ci siamo rivisti a Venezia e anche in quella circostanza si era fatto male, non ricordo come, siamo andati a bere in un locale e lui mi ha fatto vedere che nel suo portafoglio aveva una mia foto tessera e mi ha detto: sai la tengo sempre qui, un giorno quando morirò guarderanno nel mio portafoglio e diranno, ma chi è questa ragazza?

lunedì 10 dicembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Cari amici che mi leggete, se non ci foste voi sarei perduta!
Grazie che mi sollecitate a scrivere.
Se non fosse per voi verrei risucchiata nel gorgo della vita.
Ma l'esperimento deve proseguire!!
Anzi dovrei dire, care amiche...

Prima di cominciare a raccontare un episodio del mio passato volevo dirvi che in questi giorni sono felice. Lo scrivo, così, fra qualche giorno, quando non sarò più felice leggerò questa cosa che ho scritto e forse capirò per quale motivo ero felice.


S.
Vorrei scrivere di una persona delicata e bella che ho incontrato.
Si chiamava S.
Era un ragazzo alto e bello che per un periodo ha lavorato come cameriere per i miei genitori.
S. era gay, questa cosa può sembrare banale detta oggi e in un contesto diverso da quello in cui vivevamo, ma S. era gay in un paese che era rimasto fermo agli anni 50 e dove la più piccola diversità diventava motivo di persecuzione.
S. si vestiva sempre in modo originale e stravagante, era sempre di buon umore o perlomeno sembrava esserlo, non era mai greve.

Una sera io lavoravo in pizzeria come cameriera e S. era venuto a cena con un suo amico.
Così quando ho finito di lavorare mi ha chiesto di sedermi con loro per parlare un po'.
Io quella sera me la ricorderò per sempre perché S. e il suo amico mi hanno riconosciuta, hanno visto in me quella che ero. Questa cosa mi è capitata poche volte nella vita, ed è difficile da spiegare, è come se alcune persone vedessero con degli occhi che non sono occhi ed è come se in alcuni momenti i corpi non ci fossero più, le convenzioni sociali non ci fossero più e si parlasse con delle parole che non sono le parole degli umani.
Ricordo chiaramente che mentre parlavo con loro io avevo la certezza di quello che avrei fatto nella mia vita, di quello che sarei stata e mentre stavo seduta sulla sedia vestita da cameriera tremavo in continuazione e avevo gli occhi lucidi, mi sentivo come se avessi avuto la febbre.

Adesso, ripensando a quella serata, mi sembra quasi irreale, come se due messaggeri fossero venuti a consegnarmi il mio destino.

venerdì 30 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

La Casbah

La Casbah era un locale in un paese in provincia di Mantova dove andavamo spesso. 
Ci viveva una mia compagna di classe e spesso mi ospitava anche a dormire. 
In quel periodo Pegognaga, questo è il nome del paese, era molto vivo dal punto di vista culturale, organizzavano un sacco di cose, concerti, mostre, festival, e i ragazzi erano molto simpatici. 

Queste cose che scrivo sembrano scontate, ma non lo sono per niente, in quegli anni era molto più semplice per gli adolescenti trovare degli stimoli e per me in particolare sembrava una continua magia, provenivo da una palude immobile e mortifera e trovarmi a contatto con queste realtà sembrava fuori dalla realtà, mi sembrava una specie di dono prezioso. Ultimamente vedo questa palude mortifera propagarsi, come se fosse uscita dai confini del paese in cui vivevo per immobilizzare tutto. 

In ogni caso in quel periodo non era così e ogni volta che andavo a Pegognaga c'era qualcosa da vedere e una sera d'estate c'era uno spettacolo di cabaret. Ricordo che ero seduta tra il pubblico e sul palco c'era un ragazzo che faceva uno spettacolo, faceva molto ridere, ma io non ridevo, perché lo guardavo e pensavo che io quel ragazzo lo amavo perdutamente, pensavo che mi era entrato nelle vene come un siero malefico di cui avrei fatto fatica a liberarmi, e ricordo che per tutto lo spettacolo il mio corpo ha tremato. Il ragazzo sul palco ogni tanto mi guardava o così mi sembrava e ogni volta che il suo sguardo incontrava il mio, tremavo ancora più forte. 
Finito lo spettacolo è sceso dal palco parlava con i suoi amici, io parlavo con le mie amiche, ma in realtà ero come ubriaca e non sentivo le parole.
Poi il ragazzo mi ha guardato ed è venuto verso di me, si è seduto e ha cominciato a parlarmi, a fare delle battute. 
Io gli piacevo.
Così sono caduta come dentro un pozzo senza fondo con la mente annebbiata.
Da quel giorno e per molto tempo sono stata come schiava di quel sentimento e di questo ragazzo che si chiamava C.

LA STORIA DELLA MIA VITA



Mio marito

In questo capitolo parlerò di come ho conosciuto il ragazzo che poi sarebbe diventato mio marito.
La Simona di quel periodo non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo sarebbe diventato un marito per lei, ma la Simona che scrive adesso lo sa, perché conosce il futuro e sa anche che quel ragazzo sarebbe diventato il padre di suo figlio.

Una sera ero in macchina con la sorella della mia amica e D. e ci stavamo preparando a partire per andare al Mascotte, eravamo ferme che aspettavamo un'altra macchina di amici che venivano definiti Hard Core, io non li conoscevo erano dei ragazzi nuovi che non so in quale modo erano entrati nel nostro gruppo.
Dopo un po' sono arrivati.
Dalla macchina sono usciti due ragazzoni, uno rasato e in apparenza rude e uno ricciolone un po' meno rude. Il ragazzo rasato non parlava mai, e il ricciolone parlava anche per lui.
Il rasato si chiamava D. il ricciolone S.

Quella sera sono venuti con noi al Mascotte. Per tutta la sera, sono rimasti in piedi, immobili, a fissare le persone che ballavano, io pensavo: certo che strani questi Hard Core, probabilmente hanno una regola interna per cui non possono muoversi, né interagire con gli altri esseri umani.
Mi ricordo però una sensazione strana, mi sembrava di averli sempre conosciuti, in particolare D. il rasato, mi sembrava una persona di famiglia, un parente stretto.
Devo dire che D. mi intrigava con quel suo strano comportamento.

E' passato un po' di tempo prima che i due ragazzoni cominciassero ad interagire con noi in modo convenzionale, dopo varie uscite in discoteca, dopo vari viaggi in macchina, hanno cominciato a comunicare e così ho scoperto che abitavano in un paesino in provincia di Cremona molto vicino al mio e che suonavano in un gruppo.
D. era un chitarrista e S. un bassista e stavano cercando un tastierista.
Così mi proposi come tastierista e cominciò la nostra amicizia.

sabato 24 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




Ieri sera sono uscita a cena con una mia amica.
Mentre mangiavamo, la radio del ristorante ha suonato la colonna sonora del film "Il tempo delle mele".
Ci siamo messe a ridere e abbiamo ricordato un po' di adolescenza, poi la mia amica mi ha detto: Ti ricordi quando mi hai raccontato la storia del fornaio? Che ridere quella storia, che ridere...
Allora io ho detto: Già... è vero, la storia del fornaio...
Così adesso ve la racconto.

La storia del fornaio

Quando frequentavo le superiori, come ho già scritto prima, non avevo il ragazzo.
Non sono mai stata una ragazza molto femminile o attraente, forse non ero molto interessata oppure avevo paura, non so fare un'indagine psicologica, sta di fatto che ero senza ragazzo.
Però mi capitava di innamorarmi segretamente di qualcuno e di vivere delle vere e proprie storie d'amore immaginarie.
Una di queste storie ce l'avevo con un ragazzo che frequentava la mia scuola,  frequentava la quinta!

Ero pazza di lui, lo guardavo da lontano, lo osservavo durante l'intervallo, lo guardavo per strada.
Si chiamava V. e secondo tutte le mie amiche era brutto.
In effetti non era bello, anzi tendeva al brutto, ma per me era bellissimo. Teneva i capelli lunghi un po' ricci, era magro, era molto timido e schivo, aveva una voce stridula che non ti aspettavi.
La sua grande passione era la chitarra elettrica, era molto bravo e suonava in vari gruppi.

Io sognavo molte avventure amorose con V., sognavo viaggi, conversazioni lunghissime e passione.

Dopo circa un anno di osservazione, non potendo più sopportare questa distanza decisi di fare qualcosa, la cosa che secondo me era più sensata fare in quel momento era quella di scrivere una lettera d'amore.
Così feci lunghe indagini per capire dove abitasse il mio amato.
Qualcuno mi disse che abitava in un paesino vicino a Mantova e che il padre faceva il fornaio, così cominciai a cercare sulle pagine gialle finche trovai un fornaio nel paese che mi era stato detto.
Così scrissi una lettera straziante e carica di passione e la spedii.

I giorni successivi alla lettera passavo vicino al mio amato e lo guardavo cercando di fargli capire che ero io l'autrice. Ma lui era come sempre, impalato e chiuso in se stesso.
Ho anche fatto indagare alcune amiche, che hanno fatto chiedere ad alcuni amici se gli fosse mai arrivata una lettera, ma sembra che non gli fosse mai arrivata.

Così a qualche fornaio nella provincia di Mantova è arrivata una lettera appassionata e piena d'amore.

Per molto tempo ho continuato ad amare V. segretamente, ogni tanto gli ho anche parlato, dicendo cose del tipo: Ciao, bello questo concerto!
E lui mi diceva cose del tipo: Sì.

Ecco questa è la storia del fornaio.
In effetti un po' fa ridere!


mercoledì 21 novembre 2012

domenica 18 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



La mia vita proseguiva sulla linea che ha disegnato il dottore, la scuola, i professori, l'arte, il pianoforte, i libri, il lavoro nella pizzeria, le notti infestate da creature misteriose, le serate in discoteca e i sabati pomeriggio con D.

Dopo qualche anno vissuto in quella pizzeria che si chiamava La Buca, i miei genitori decisero di ritornare nel primo ristorante in cui ci eravamo trasferiti venendo da Milano.
Siccome all'Istituto d'Arte un mio professore era architetto, decisero di fargli ristrutturare l'interno del ristorante. Così cominciarono i lavori, il mio professore fece fare una controsoffittatura di rame e poi fece fare il bancone del bar e altre pareti con un legno di color verde chiaro.

Mio padre voleva fare un ristorante serio, non più pizzeria, ma un ristorante un po' elegante.
Si fece anche vendere delle opere da un mio professore che faceva l'artista.
Per parecchio tempo e ancora adesso se ne parliamo, mio padre inveisce contro il mio professore architetto dicendo: Il tuo professore con quella maledetta controsoffittatura mi ha fatto spendere un sacco di soldi!!
Questa volta mio padre voleva realizzare un suo sogno, fare un locale diverso, con tutte le cose che amava, così fece fare anche un piccolo palcoscenico e comperò anche un pianoforte a coda, la sua idea era quella di far suonare dei musicisti, fare delle mostre e creare un ambiente particolare dove cucinare dei piatti un po' ricercati.
Mia madre non era d'accordo perché sapeva benissimo che in quelle zone non avrebbe mai funzionato un locale di quel tipo, però come sempre assecondò mio padre.

In effetti nel giro di poco tempo le paure di mia madre si rivelarono fondate, veniva poca gente e i musicisti che mio padre chiamava volevano un sacco di soldi.
Così nel giro di poco tempo il palcoscenico si trasformò nel banco pizzeria e il locale ricominciò a riempirsi come un tempo.

LA STORIA DELLA MIA VITA



Sono andata da un dottore.
Per schematizzare la mia vita ha fatto una riga, e poi su questa riga ha segnato le cose più importanti che mi sono successe.
Io ho guardato quella riga e mi sono resa conto che è proprio stata veloce, la mia vita fino ad ora è stata veloce come tracciare una riga sul foglio e disegnarci sopra dei tratteggi, delle frecce e dei punti.

T.

Continuavo le mie lezioni di pianoforte, però avevo cambiato insegnante.
Il mio nuovo insegnante, era stato per qualche mese supplente di musica alle medie, non ricordo come ho fatto a ritrovarlo e a chiedergli lezioni di pianoforte, ma così è stato e così lo scrivo.
Si chiamava T.
T. era un uomo alto con gli occhi grandi azzurri e la faccia da ragazzino.
Penso fosse un tipo strano, non lo so, non riesco mai a capire se le persone che mi piacciono sono strane.
Non usava la macchina ma andava solo in bicicletta, quando andavo a lezione a casa sua mi parlava di musica, di arte, di spiritualità.
Io amavo tantissimo andare da lui, perché non imparavo quasi niente di pianoforte, ma mi si aprivano davanti porte e porte che mi portavano in stanze mai viste prima.
Ascoltavamo i dischi e mi insegnava ad ascoltare, bene in profondità.
E' stato T. a farmi amare Béla Bartòk un compositore ungherese, un grande studioso di musica popolare mediorientale. L'ho scoperto studiando pianoforte con il suo metodo di studio Mikrokosmos e da allora l'ho amato perdutamente.
Ci sono autori, musicisti, artisti, che parlano un linguaggio che ci risulta familiare, a me succede proprio così. Li riconosco, sono la mia vera famiglia e Bartòk era uno di loro, il fatto poi, di poterlo suonare rendeva tutto ancora più intimo.
Ad un certo punto ho smesso di andare a lezione di pianoforte da T. perché era evidente che non stavo imparando quasi niente e mio padre cominciava a innervosirsi di questa storia e in effetti anche io mi sentivo un po' in colpa perché mio padre mi accompagnava in macchina mi veniva a prendere e mi pagava le lezioni e io non facevo dei gran miglioramenti.

Però ho un bel ricordo di quei pomeriggi con T.


lunedì 12 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Invece ci siamo riviste.
La nostra amicizia è diventata sempre più forte.

D. aveva già la patente e anche una macchina.
Era una Ritmo azzurra con cui spesso veniva a trovarmi nel mio paesino ai confini del mondo.
La Ritmo era vecchia e un po' scassata e a me faceva molto ridere il fatto che in inverno per far funzionare il riscaldamento doveva mettere un ceppo di legno dentro al cofano.
Siccome vivevo nella bassa padana, in inverno c'era sempre una nebbia fittissima, una sera D. è arrivata stremata perché non vedeva la strada, per poi scoprire che aveva fatto tutta la strada con i fari spenti.

Con la sua macchina a volte decidevamo di partire per raggiungere le varie discoteche che frequentavamo ma puntualmente ci perdevamo, così passavamo quasi tutta la notte a cercare la discoteca, per poi finire la nottata in un bar qualsiasi che trovavamo aperto da qualche parte.
Quelle nottate a me piacevano più delle serate in discoteca perché parlavamo tantissimo ed era sempre un'avventura.

A differenza di me D. è sempre stata molto concreta, ha sempre dovuto cavarsela da sola, soprattutto economicamente, non si è mai persa, quindi averla vicina mi ha sempre dato un senso di sicurezza.
Ma la mia frenesia spesso mi portava ad essere attratta dalle novità, ad innamorarmi delle persone e delle situazioni nuove, questo per anni è stato un vero problema per me perché le persone che mi volevano bene spesso si sentivano tradite o abbandonate, senza che io me ne rendessi conto.
D. al contrario ha sempre avuto una sorta di fede incondizionata nell'amicizia, anche nei riguardi di persone con cui aveva passato l'infanzia e che negli anni nonostante si fossero trasformate rimanevano per lei punti di riferimento indiscutibili. Per me non è mai stato così, avendo sempre cambiato casa e città mi sono presto abituata a non legarmi a lungo alle persone. I rapporti si esaurivano nella mia testa come se avessero una specie di data di scadenza, anche non volendo ad un certo punto qualcosa dentro di me diceva: Basta, è finita adesso tutte le mie attenzioni sono altrove.

D. è stata l'unica persona che è riuscita caparbiamente a riportarmi indietro e ad insegnarmi a restare.
Ormai sono 26 anni che ci conosciamo, abitiamo distanti, abbiamo dei figli e ci vediamo pochissimo, ma ancora adesso ci facciamo telefonate lunghissime dove ancora parliamo per ore.

domenica 11 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA






D.

D. è stata ed è tutt'ora un'amica speciale.
Ricordo la prima volta che l'ho conosciuta ero con la mia compagna di classe dark, avevamo preso un lavoretto come ragazze sandwich per un salone di abbronzatura, era un'assurdità dato che la mia amica era bianca come un foglio di carta e anche io comunque non scherzavo.

In quell'occasione la mia compagna di classe mi ha presentato D.
Non so bene il perché, ma ricordo che quando l'ho vista ho pensato proprio come quando ci si innamora di un uomo, ho pensato che era una specie di colpo di fulmine e che avrei voluto essere sua amica per sempre.
E così poi è stato.

D. ha occhi neri profondi che guardano fuori ma che ti permettono di vedere anche dentro.
La sua anima è ferma e decisa, ha un forte senso del giusto, del bello e dell'armonioso, ama le persone ma spesso le persone non sanno rispettare le regole del giusto e dell'armonioso e lei soffre come se fossero coltellate alla sua anima.

Naturalmente dopo quell'incontro non abbiamo mai smesso di frequentarci
Passavamo giornate lunghissime a girovagare per Mantova a parlare, a mangiare cioccolate calde 'dalla cicciona', una pasticceria di Mantova che noi avevamo soprannominato così perché era gestita da una donna cicciona molto antipatica e scortese, ma che non potevamo smettere di frequentare perché ci faceva ridere.

Andavamo sempre a ballare in discoteca e la nostra compagnia di amici era sempre più grande e bizzarra. C'erano ragazzi che venivano un po' da tutta l'Emilia. Per me era fantastico e tutto mi sembrava bellissimo, fino ad allora avevo vissuto ai confini del mondo, in una delle zone più depresse d'Italia e conoscere tutta questa varietà di persone era una vera carica di vita.
Per D. non era così e ancora adesso quando ricordiamo quel periodo io ne parlo come di un periodo bellissimo e lei mi dice sempre: Ma sai, per me non era così, io stavo male.
Io penso sempre con sbalordimento a questa cosa, perché non me ne accorgevo, nonostante lei fosse la mia più cara amica, io non mi accorgevo che lei stesse male, forse era tanta la mia fame di vita in quel periodo che in qualche modo andavo a riempire ogni spazio, forse anche il suo.

Lei dice che si sentiva brutta e che soffriva perché si innamorava perdutamente di ragazzi che invece la umiliavano, ma io penso che lei avesse una percezione della realtà che non corrispondeva affatto al vero.
D. non ha una bellezza convenzionale, ma ha una bellezza che coinvolge e lega.
Forse alcuni ragazzi erano intimiditi da lei, perché traspariva una forza potente che gli uomini fanno fatica a gestire. Infatti io mi ricordo che l'ammiravo proprio per questa forza e ammiravo il fatto che in realtà D. era sempre circondata da ragazzi, lei sapeva parlare con loro, non ne era mai intimidita, al contrario di me che invece non riuscivo a interagire che con pochi.

Un giorno ho raccontato a mia madre che avevo conosciuto D. e le avevo parlato proprio di questa cosa dicendole: Sai mamma lei non è una ragazza particolarmente bella ma i ragazzi le stanno sempre intorno. Un giorno finalmente ho invitato D. a casa mia, al ristorante per presentarla ai miei genitori e mia madre quando l'ha vista ha detto davanti a lei: Ma Simona... Mi avevi detto che era brutta, ma non è brutta la tua amica!!
Io ho pensato: Ecco, è finita. Non la rivedrò mai più.

lunedì 5 novembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Prima di continuare con questo mio diario, vorrei ringraziare tutte le persone che lo stanno leggendo.
Per me è molto importante, perché ricordare alcune cose è doloroso, a volte è difficile, in alcuni momenti una parte di me insiste perché io smetta, ma il pensiero che alcune persone lo stiano leggendo e mi incitino a continuare mi aiuta molto.
Voglio continuare perché scrivere mi aiuta a capire tante cose, è come se la mia vita attuale si fosse sovrapposta al passato e in un modo quasi magico riuscissi a modificare alcune cose, a riappacificare il cuore, a chiudere alcune ferite.
Scrivo direttamente sul blog, non preparo niente, scrivo in diretta e la vita si srotola sulla pagina.
Grazie ancora.

LA STORIA DELLA MIA VITA




Adolescenza

La mia adolescenza è iniziata un po' in ritardo.
Una cosa di cui mi sono resa conto ultimamente è che ho sempre vissuto come osservatrice della vita altrui. In qualche modo ho sempre pensato che la vita di mia sorella, dei miei genitori e persino dei miei cani avesse una specie di priorità rispetto alla mia esistenza, mi sono sempre sentita di essere venuta al mondo per assistere e quindi quello che mi riguardava non poteva interferire con le vite altrui.
Per questo motivo tutti i drammi personali, le paure, i sentimenti sono sempre stati custoditi dentro di me, oppure li ho sempre comunicati solo in piccola parte.
Credo sia per questo che l'adolescenza vera e propria non mi ha mai travolto completamente, non sono mai entrata completamente nella fase dei tormenti sentimentali, nella ribellione tipica dell'adolescenza.

Però verso i sedici anni, ho cominciato a uscire con una mia compagna di classe che era una dark.
Era una delle ragazze più intelligenti della classe, aveva sempre voti alti, era molto simpatica e ridevamo molto. Nonostante fosse una dark e si vestisse sempre di nero era una ragazza piena di vitalità ed era anche sempre positiva. Grazie a lei ho cominciato ad uscire quasi tutti i sabati sera. Andavamo nelle discoteche più alternative del periodo, il Ritz di Novellara, il Mascotte vicino a Modena, e vari altri locali che adesso non esistono più.
Spesso mi fermavo a dormire a casa sua, e prima di partire passavamo alcune ore a vestirci, a truccarci e a cotonarci i capelli, ad ascoltare la musica che amavamo, i Cure, The Smiths, i Bauhause e tanti altri gruppi che poi avremmo ballato in discoteca.
Io amavo molto andare in questi locali perché la musica era bella e c'era una moltitudine di personaggi che sembrava esistere solo lì dentro, c'erano gli skin, i mods, i rockabilly, i dark, gli hard core, i metallari e altri gruppi di cui adesso non posso ricordare il nome.
Era come essere dentro a un film.
Per arrivare in questi locali andavamo in macchina con la sorella della mia amica, che era più grande e aveva la patente. A me lei non piaceva affatto e credo che non le piacessi nemmeno io, una sera ha buttato tutta la mia roba fuori dalla loro camera da letto urlando che la mia roba puzzava, che io puzzavo. In effetti forse un po' puzzavo di fritto, perché al ristorante spesso si friggevano i pesci gatto e quindi tutti i miei vestiti erano impregnati di quell'odore, ma lei era molto prepotente sia con me che con sua sorella, la trattava sempre male. Però aveva la macchina.

Avevamo una compagnia con cui ci trovavamo nei vari locali e con cui ballavamo tutta la sera e con cui condividevamo i viaggi.
Grazie a questa mia compagna di classe ho poi conosciuto una delle mie più care amiche, D.

martedì 30 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA


Il mio gatto Ciuschi prima amava me perdutamente, adesso ama mio figlio.
Per un po' sono stata gelosa, ma poi ho pensato che sono uguali e si capiscono.
Sono due adolescenti.
Così lascio stare.

lunedì 29 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Le vacanze a Rimini

Avevo sedici anni e mia sorella venti quando i miei genitori hanno deciso in estate di affittare una casa a Rimini per due mesi. Noi saremmo state sempre al mare e i miei genitori sarebbero venuti solo quando avevano i due giorni di chiusura del ristorante.

Quella è stata per me una vacanza indimenticabile.

Nel bagno dove avevamo affittato l'ombrellone c'era un ragazzo che faceva l'aiuto bagnino.
Mi piaceva tanto. Così ci guardavamo.
Dopo ci siamo conosciuti e a me piaceva sempre di più, perché era proprio un bagnino, era abbronzato e muscoloso. A volte ci baciavamo di sera sulla spiaggia, io ero felice perché tutto era molto divertente e in regola, la storia con il bagnino a sedici anni, i baci in spiaggia sulle sdraio.

Però un giorno nel nostro bagno è arrivata una ragazza straniera molto bella, credo fosse tedesca o francese, non lo so, però era bella e lui come un vero bagnino pochi giorni dopo baciava lei.
Io sono rimasta atterrita e all'inizio ho avuto una vera crisi di gelosia e piangevo vero dolore d'amore.
Poi ho conosciuto due fratelli che venivano da Medicina un paesino vicino a Bologna, e tutto ha preso un'altra piega. Questi due fratelli avevano circa la mia età ma erano davvero due persone fuori dall'ordinario, fisicamente ricordavano quei ragazzini che a scuola sono considerati i veri secchioni, con gli occhiali e sempre vestiti fuori moda, magrolini e sempre bianchi nonostante il sole.
Però avevano un'intelligenza e una cultura fuori dal comune, e soprattutto un senso dell'umorismo strepitoso. Con loro passavo tutte le mie giornate, giocavamo e parlavamo per delle ore.
Parlando con loro ho imparato un sacco di cose, ma soprattutto riuscivo a ricreare la magia del gioco infantile, quella che ti fa dimenticare tutto, il tempo, il luogo e la questione del sesso.
Sempre giocando dimentichi di tutto, abbiamo conosciuto anche una ragazzina anche lei straordinaria nella sua potenza selvaggia. Era bella e libera da ogni convenzione, camminava sempre scalza anche quando ci trovavamo di sera per fare delle passeggiate in città, sembrava sempre sfidare il mondo oppure non si accorgeva proprio del mondo. Io la guardavo e volevo essere lei.
Eravamo un gruppo strano, ma ci divertivamo da pazzi.

Ad un certo punto il bagnino è tornato da me, forse perché la straniera bellissima era partita o forse perché vedeva che mi ero completamente dimenticata di lui, e così sono tornata a baciarlo tutte le sere in spiaggia. Adesso con la complicità del bagnino avevamo accesso a tutte le attrezzature del bagno, dalle cabine tirava fuori copertoni giganti di camion, ci dava i pedalò gratuitamente e così le giornate erano ancora più divertenti.


martedì 23 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Lo specchio

Ultimamente mi sono ricordata di una cosa.
Quando ero piccola facevo spesso un gioco, mi fissavo allo specchio per diversi minuti fino a quando non riconoscevo più la mia faccia. Un giorno mentre facevo questo gioco, mi sono guardata intensamente facendomi una promessa: Quando sarò grande mi guarderò allo specchio e così io potrò vedermi da grande e com'ero da piccola. Mi sono data un'appuntamento.
Ogni tanto ripensavo a questo appuntamento e devo dire la verità, qualche volta ho anche tentato di guardare per vedere se io grande e io piccola si potessero vedere veramente. Però non mi vedevo mai.
Un giorno ho preparato una mostra di quadri che consisteva nel dipingere sopra delle mie foto di infanzia.
Mi è capitata in mano una foto dove fissavo l'obbiettivo e mi sono vista, e io piccola sono sicura mi ha vista. Finalmente ci siamo incontrate. Così ho messo la foto in cornice e l'ho appesa di fronte al letto.

Adesso devo stare attenta perché lei, la io piccola, mi guarda sempre e non posso deludere le sue aspettative.

venerdì 19 ottobre 2012

CUCU!! STIAM TORNANDO




Cari amici, è con grande emozione e felicità che vi comunico che, dopo tanto tempo, siamo finalmente pronti a tornare in Italia con alcune novità interessanti, che vi sveleremo piano piano!
cu cu!!! stiam tornando...

www.esserini.it

LA STORIA DELLA MIA VITA



Che strano riscoprire a quarant'anni una cosa che da bambini si sa con certezza e cioè che tutto ciò che si chiama arriva. Questa cosa da bambini non procura più di tanti problemi, perché si chiamano cose innocue, dolci, giochi, persone amate. Ma diventati adulti essendo generalmente malati e marci, si chiamano cose malate e marce. La vita ci mette continuamente alla prova cercando di farci capire che è ancora tutto come prima, ancora è possibile chiamare a noi il bello, ma siamo troppo affezionati al nostro malessere, non possiamo abbandonarlo, ci sembra impossibile perché senza dolore cadiamo nel vuoto, non ci sentiamo più, ma forse è proprio quello che bisogna arrivare a conquistare il non esserci più.

Mia sorella aveva cominciato l'università a Firenze, faceva architettura. In realtà a mia sorella non interessava minimamente l'architettura, era stata spinta da mio padre, che era fissato con l'idea che avere una laurea in architettura le avrebbe assicurato un futuro brillante.
Ma mia sorella è un'attrice, la è sempre stata, è nata attrice, è nata per recitare, per raccontare, per costruire storie bellissime e per raccontarle così bene da farti vedere le parole trasformarsi in immagini. Il suo corpo è il corpo di un'attrice, la sua voce è potente e quando la usa veramente può far tremare, può far piangere o ridere a crepapelle.
Così a Firenze oltre a frequentare architettura cominciò a frequentare dei corsi di teatro, in questo modo conciliava il desiderio di mio padre con la sua vera natura.
Tornava a casa tutti i fine settimana, ci vedevamo meno, ma entrambe stavamo finalmente vivendo la nostra vita, ci sentivamo spesso al telefono e ogni tanto andavo a trovarla a Firenze.

LA STORIA DELLA MIA VITA





La musica

La musica per me è sempre stata molto importante, un alimento essenziale per poter continuare a vivere. Mio padre ascoltava molta musica classica, il suo compositore preferito era Beethoven, c'è stato un periodo in cui ha avuto una forte crisi depressiva, era dimagrito tantissimo, non rideva più, stava male, adesso ci dice sempre questa frase: Io sono guarito ascoltando Beethoven!
Un giorno dell'anno scorso tornando da Milano in macchina ci siamo fermati a un autogrill e mio padre ha preso un cofanetto delle opere del suo amato compositore e me l'ha regalato dicendo: Per la depressione!
Da piccola ascoltavo per ore il Bolero di Ravel e mi immaginavo storie fantastiche generalmente ambientate nello spazio cosmico, con protagonista il Dio Ivano.
La musica mi ha sempre esaltata, mi ha fatto raggiungere stati di vera e propria estasi, ancora adesso è così. Posso anche non avere amici, posso non mangiare per qualche tempo oppure non avere rapporti umani in genere, ma non posso stare senza la musica.

Comunque tutta questa cosa che ho scritto è solo per dire che nei primi anni di superiori ero molto appassionata di Peter Gabriel, lo amavo completamente. All'epoca esistevano solo i vinili e io i suoi li avevo comperati tutti. Poi avevo comprato anche la discografia dei Genesis.
Andavo in un negozio di dischi di Mantova, poi tornavo a casa con il mio disco incelofanato, lo aprivo e lo mettevo sul giradischi e lo facevo suonare per ore, per giorni e immaginavo storie cosmiche ma senza il Dio Ivano, perché ormai avevo capito che non esisteva.
Io non sono mai stata molto interessata ai ragazzi, probabilmente il mio bisogno di amore era soddisfatto da altre passioni che mi appagavano completamente, a volte mi piacevano dei ragazzi della mia età, ma li guardavo da lontano, mi immaginavo le loro vite, immaginavo come poteva essere parlare con loro, immaginavo relazioni fantastiche e perfette, ma poi me ne dimenticavo, perché venivo assorbita dal mio mondo parallelo.
Mio padre aveva sempre sognato di imparare a suonare il pianoforte, così mi aveva iscritta ad un corso privato da un'insegnate che viveva in un paese vicino al nostro. Mi aveva anche comperato un pianoforte. La mia insegnante era molto seria, usava un metodo classico molto rigido, durante le prime lezioni non mi faceva mai toccare la tastiera, ma mi faceva suonare il tavolo, per impostare le mani. Diceva che ero portata, solo che io mi annoiavo tantissimo a studiare i solfeggi, non studiavo mai e lei giustamente si arrabbiava.

Adesso avevo la scuola, avevo i disegni, la musica, il pianoforte, i libri e credevo fortemente al fatto che la mia vita sarebbe stata meravigliosa, come poteva non esserlo?
Come poteva non essere meraviglioso un mondo dove esistevano delle cose così belle, cose che non si esaurivano mai.
Avevo una folla di amanti che mi davano tutto l'amore di cui avevo bisogno, che infiammavano il mio cuore con parole, suoni e immagini sublimi.
Non ero mai sola.

mercoledì 17 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




T.

Ho avuto molti amici in classe con me, in particolare mi ricordo di una ragazzina che era stata adottata, era di origini coreane. La sua famiglia era molto borghese, molto mantovana e lei nonostante fosse impregnata di una cultura borghese e superficiale aveva un'anima forte e profondamente orientale, non so come sia possibile perché era stata adottata quando ancora era neonata, ma una parte di sé era rimasta intatta e spesso questa sua parte si ribellava come poteva a delle assurde convenzioni.
Una cosa che le invidiavo profondamente, era il fatto che affrontava in ogni circostanza le persone in modo diretto e senza filtri. Se doveva dire qualcosa a qualcuno, che fosse un ragazzo o un professore, andava decisa e diretta e la cosa che mi colpiva di più era che parlava senza pudore di sentimenti di quello che provava o pensava senza paura. Questa era una cosa che io non facevo mai, avevo il terrore di scatenare le reazioni delle persone che avevo di fronte, ma questo suo modo così diretto e coraggioso, spiazzava talmente le persone da non creare mai delle reazioni contrarie a quello che lei si aspettava. Questa cosa l'ho imparata da lei, come ho imparato anche che i sentimenti non si devono far mai marcire dentro, ma bisogna usarli, esprimerli, sempre, senza avere paura e quando le relazioni ci fanno male vanno chiuse al più presto, senza esitare. 

LA STORIA DELLA MIA VITA




Istituto d'Arte

Quando ho cominciato a frequentare l'Istituto d'Arte di Mantova mi sono finalmente sentita a casa.
Finalmente amavo il posto in cui stavo, amavo i professori, amavo i miei compagni di classe, amavo il fatto che per ogni ora di lezione si dovesse cambiare aula, che all'interno della scuola ci fosse una mostra dei lavori degli studenti, amavo il fatto che ero a Mantova.

Mi ricordo che odiavo il sabato e la domenica perché si restava a casa e adoravo il lunedì perché potevo tornare a scuola.
Ogni mattina mi alzavo alle 6.00, scendevo nella pizzeria, dove tutto era spento, silenzioso, mi facevo un cappuccino, che bevevo in piedi nel bancone del bar, e poi uscivo. In inverno c'era un buio pesto e spesso c'era la nebbia, io a volte avevo paura, perché dovevo camminare un po' per arrivare alla fermata della corriera. Una mattina ho incontrato un tipo che circolava nel paese, che aveva un occhio bianco.

Purtroppo tutte le mattine a un'ora stabilita, che generalmente corrispondeva esattamente al momento in cui arrivavo alla fermata, mi scappava terribilmente la cacca. A volte resistevo e facevo tutto il viaggio in corriera con forti dolori alla pancia, ma a volte quando proprio non ce la potevo fare tornavo a casa a farla. Poi svegliavo mio padre e gli dicevo: papà, papà... ho perso la corriera. Allora lui si alzava subito.

Il viaggio in macchina con mio papà era molto più divertente della corriera, un po' perché avevo l'intestino in pace con se stesso e un po' perché mio papà mi faceva ridere. Mi raccontava sempre delle cose divertenti e poi sorpassava tutti e a volte litigava con gli altri automobilisti, e dopo ridevamo.

Ripensandoci i miei professori delle superiori erano davvero bravi, specialmente alcuni di loro mi hanno trasmesso un metodo di lavoro e un approccio alle cose che mi ha seguito per tutta la vita. Mi hanno insegnato a non accontentarmi mai dei primi risultati ottenuti, ma di insistere sempre fino ad essere veramente soddisfatta del risultato, a non essere superficiale.
Nella scuola c'erano anche i laboratori di ebanisteria, di metalli e di plastica. Il professore di ebanisteria sembrava un vecchio boscaiolo, era un omone alto con i capelli bianchi, e un giorno ci ha insegnato ad usare lo scalpello, siccome era un po' burbero ci aveva detto: Mai, mai la mano davanti allo scalpello, perché se vi tagliate ve la dovrete vedere con me. Io naturalmente mi sono tagliata subito e siccome avevo molta paura di vedermela con lui, ho tenuto la mano in tasca per il resto della mattina, così l'ho riempita di sangue.


lunedì 15 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA





Voglio solo far sapere a tutti che stamattina ho smontato il sifone del lavandino in lavanderia.
Il lavandino era otturato e non potevo più far andare la lavatrice e nessuno veniva ad aggiustarlo, questa situazione durava da giorni e avevo una montagna di panni da lavare.
Così ho preso la cagnetta e ho smontato tutto, mi sono schiacciata un dito, un po' ho pianto di dolore. Ma poi ho continuato, ho pulito il sifone, ma la guarnizione era marcita, ho preso la bicicletta sono andata dall'idraulico ho comprato una guarnizione nuova, ho rimontato tutto e adesso funziona.

domenica 14 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




Ieri ero a Milano.
Ero a casa di mia sorella e dovevo uscire a prendere il treno per tornare a casa mia.
Fuori c'era brutto tempo e io avevo solo la camicia, avevo freddo, così le ho chiesto un maglione in prestito. In realtà fuori non c'era freddo, ho avuto caldissimo fino alla stazione.
Allora ho pensato che le città non hanno i luoghi aperti come la campagna. In campagna o nelle piccole città quando esci di casa, vai in un luogo aperto, esci fuori e se è inverno hai freddo.
Invece nelle grandi città sei ancora dentro a qualcosa di più grande, ovunque c'è caldo e ovunque ci sono degli schermi televisivi.
Sei in un'altra stanza più grande.

Terrore notturno

Nella pizzeria c'erano molte persone che lavoravano per i miei genitori, tra loro c'era un uomo piccolo e tarchiato che aiutava mio padre a fare le pizze, mia sorella mi prendeva sempre in giro dicendo che da grande io lo avrei sposato, e siccome si occupava anche dei fritti, lei ci vedeva in futuro a lavorare insieme nella pizzeria, però lui nel preparare i fritti essendo piccolo, sarebbe spesso caduto nella friggitrice e così io sarei stata sempre al suo fianco per estrarlo alzandolo da sotto le ascelle.
Io ridevo tantissimo per queste cretinate, però un po' mi arrabbiavo perché mentre lo raccontava mi sembrava vero, così un po' ridevo e un po' mi innervosivo.

In quel periodo avevo tantissime visioni durante la notte, quando si faceva sera cominciavo ad essere in ansia perché sapevo cosa mi aspettava. Spesso riuscivo a stare sveglia fino all'alba, così mi salvavo e dormivo tre o quattro ore fino al momento di andare a scuola.
La situazione alla Buca era molto peggiorata rispetto le altre case dove avevamo vissuto, perché durante la notte, quando venivo svegliata dalle visioni, contemporaneamente si sentivano sul tetto del ristorante dei rumori fortissimi, dei colpi e un rumore che sembrava provocato da qualcuno che spostava mobili molto pesanti sopra di noi. Io rimanevo gelata nel letto, non riuscivo più a muovere un muscolo fino al primo canto degli uccellini, che per me annunciava la fine del tormento e così mi scioglievo e per qualche ora potevo riposare.
Di questa cosa a un certo punto ho cominciato a parlarne a mia sorella, così una notte è rimasta sveglia con me e anche lei ha sentito i rumori, così ho terrorizzato anche lei. Insieme abbiamo deciso di parlarne con i miei genitori, così una notte tutti e quattro siamo stati ad aspettare e quando sono cominciati, mia madre è rimasta sbalordita come noi due, invece mio padre ha detto che erano rumori di assestamento del tetto. Il giorno dopo è salito in soffitta per vedere cosa ci fosse, ma non c'era niente, così ha concluso dicendo: Sì, sono rumori di assestamento.
Però io ho continuato con le mie nottate da incubo, con le visioni e tutto il resto.
Mia madre per concedermi un po' di tregua ogni tanto mi dava qualche goccia di Valium, so che può sembrare irresponsabile da parte di una madre fare una cosa del genere, però io in quelle notti dormivo, avevo una tregua e per un po' potevo riposare.



mercoledì 10 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Una frase che mi ha sempre molto aiutata nei momenti in cui avevo molta paura era una frase che mi diceva sempre mio padre: La cosa peggiore che ti può succedere è morire.

LA STORIA DELLA MIA VITA



E' molto difficile, entrare nelle cose di questo mondo, si sbaglia sempre, qualsiasi azione causa degli effetti inaspettati e dolorosi per qualcuno, ogni tua azione può causare un dolore e una gioia contemporaneamente e non puoi farci niente anche se agisci al meglio delle tue possibilità.

Ritorno in paese

La vita a Mantova è durata poco, siamo rimasti solo un anno, perché mio padre ha trovato una pizzeria in un paese vicino a quello dove vivevamo prima. Questo paese, anche se sembra impossibile era ancora peggio del precedente, ma probabilmente la pizzeria era un'occasione. Così in poco tempo abbiamo fatto i bagagli, abbiamo riempito sacchi dell'immondizia e scatoloni con tutte le cose e ci siamo trasferiti.
La pizzeria aveva un appartamento al piano di sopra dove noi saremmo andati a vivere.

Nel frattempo io mi ero iscritta all'Istituto d'Arte di Mantova e mia sorella aveva finito l'ultimo anno di liceo e quindi stava per iscriversi all'università.
Gli anni trascorsi in questa pizzeria a cui mio padre aveva dato il nome emblematico di La Buca, sono stati abbastanza angoscianti, però grazie a Dio ogni mattina prendevo la corriera e andavo a Mantova, quindi non ho mai vissuto veramente in quel paese.

Come sempre si lavorava tanto, io ero addetta alla cucina e in alcune sere aiutavo mio padre a fare le pizze, mia sorella faceva la cameriera. In cucina lavorava una signora che si chiamava A.
A. era una signora che quando era piccola era stata mandata a lavorare al servizio di una famiglia e da allora non si era mai più fermata, il lavoro era diventato per lei come una sorta di meditazione, era una donna molto saggia, non si lamentava mai e per ogni problema aveva una risposta asciutta e profonda. A. non si sedeva mai e anche a casa guardava la televisione in piedi appoggiando una mano sul tavolo. Aveva il senso dell'umorismo e mi voleva bene. Mi ricordo una sera che in pizzeria c'era così tanta gente che i biglietti delle ordinazioni si accumulavano senza fine, avevamo finito quasi tutto in cucina e io mi sono messa a piangere e lei mi diceva: dai dai non piangere, andiamo avanti...
Quando era malata veniva a lavorare lo stesso e io le dicevo ma A. come fai? E lei mi rispondeva, io non lo ascolto il male e così poi lui si stanca e va via.
Nelle sere in cui mancava l'aiuto pizzaiolo mi trasferivo al forno con mio padre, ma mi vergognavo perché il bancone era aperto e tutta la gente mi vedeva, allora mio padre mi diceva: non ti devi vergognare, anche Sofia Loren faceva la pizzaiola.
In pizzeria facevamo molti fritti, pesce gatto fritto e fritti di pesce misto, l'odore saliva fino in casa e così i nostri vestiti puzzavano sempre.

Gli abitanti di quelle zone erano molto grezzi, era come se il tempo non fosse mai arrivato in quella zona del mondo e fosse rimasto inalterato. Sembrava di essere nel vecchio west americano, c'erano ancora uomini con zoccoli di capretto, tutto era mosso da istinti primordiali, le cameriere si potevano insultare liberamente e trattare come le donne dei saloon.
Così una sera io ero in cucina e mia sorella portava le pizze ai tavoli, un gruppo di ragazzotti ha cominciato a tormentarla con frasi sempre più pesanti e ad un certo punto, mia sorella ha dato uno sberlone a uno di questi ragazzi, poi è scappata in cucina piangendo, la sala è diventata improvvisamente silenziosa e immobile. Mio padre allora ha chiesto a mia sorella cosa stava succedendo, lei gli ha spiegato e lui infuriato è andato dal ragazzo gli ha tolto la sedia da sotto il sedere e l'ha sbattuto fuori.

lunedì 8 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Stamattina doveva venire la mia padrona di casa per sistemare dei conti e nel frattempo voleva vedere la casa perché non aveva ancora visto come l'avevo arredata.
Siccome io ho sempre un senso di inadeguatezza e l'ansia di essere sgridata per qualcosa, ho cominciato a pulire la casa dalle sette del mattino, ho riordinato tutto anche la camera di mio figlio.
La mia padrona di casa doveva arrivare alle undici, così alle undici in punto mi sono seduta stanca e un po' agitata, fumando una sigaretta sul balcone. Poi è suonato il telefono ed era lei che mi avvisava che non poteva venire. Sono rientrata nella mia ordinatissima e profumatissima casa, sentendomi un po' a disagio. E ho pensato che in questo ultimo periodo queste circostanze si stanno ripetendo continuamente, appuntamenti saltati, promesse di lavoro non mantenute, aspettative deluse, scatole che dovrebbero contenere oggetti che si rivelano vuote all'ultimo momento.
La vita ci parla in continuazione con messaggi chiari, ma che noi non capiamo e così come dei caproni continuiamo ostinatamente in azioni ripetitive e autistiche, sordi e ciechi ai messaggi che ci arrivano.
Questa premessa l'ho fatta anche per raccontare una cosa strana che mi capita in continuazione da circa un anno.
Tutto è cominciato un giorno in cui in modo ossessivo continuavo a vedere numeri doppi ovunque. Mi spiego meglio, ad esempio accendevo la macchina e l'orologio sul cruscotto segnava le 16:16, poi suonava il cellulare, guardavo lo schermo e l'orologio segnava le 11:11, e così per cinque sei volte durante tutto il giorno. Ho pensato a una coincidenza, ma da quel giorno la storia dei numeri si ripete ogni giorno, ossessivamente e continuamente.
Anche in questo caso non so proprio cosa pensare.


L'occhiale con il giornale

Mia mamma è sempre stata un mulo, ha sempre lavorato senza mai fermarsi, con ostinazione e grande forza, oltre i limiti che il suo corpo a volte le imponeva. 
Nel periodo mantovano lei e mio padre erano riusciti a far diventare un bar per vecchi che giocavano a carte in una paninoteca frequentatissima. Lavoravano tantissimo, e anche noi quando tornavamo da scuola li aiutavamo perché all'ora di pranzo era pieno di gente. Nel loro lavoro i miei genitori non li batteva nessuno, anche perché era la loro unica ragione di vita e investivano tutte le loro energie e tutta la loro passione nei vari locali che aprivano.
In quel periodo però mia madre aveva superato uno dei limiti e così il suo corpo cominciava a ribellarsi facendo in modo che un occhio in alcuni momenti andasse per conto suo, così lei ti guardava ma il suo occhio iniziava a deviare andando a finire in un angolino. Era una cosa impressionate a vedersi ma lei non se ne accorgeva, i clienti glielo facevano notare un po' impressionati, allora lei per ovviare al disagio che procurava alla clientela, attaccava a un paio di occhiali dei pezzi di giornale. 
Così lavorava con vari articoli di giornale su un occhiale, in questo modo offriva alla clientela un servizio in più.

venerdì 5 ottobre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA

Spesso al pomeriggio io e F. andavamo a trovare un nostro compagno di classe che abitava in un paese a circa dieci Km da Mantova. Andavamo in bicicletta. Un giorno eravamo senza bici e così decidemmo di affittare un tandem. In piazza Sordello a quell'epoca c'erano ancora dei piccoli negozietti e uno di questi era un garage che affittava biciclette, tandem e motorini. Così siamo andate a chiedere un tandem, ma la signora che li affittava ci disse che non era possibile perché avevamo solo tredici anni, e che per affittare qualsiasi cosa ci voleva un documento. Così io chiesi: Ma in che senso? Cioè che documento? E lei: Qualcosa su cui ci sia una foto un nome e un indirizzo.
Così io e F. siamo corse alla macchinetta per fare le foto, poi ho preso un cartoncino ho scritto il mio nome, il mio indirizzo e ho appiccicato la foto.
Siamo tornate dalla signora che quando ha visto il mio documento ha riso tantissimo, poi è andata in tutti i negozi vicini al suo per farlo vedere. Tutti ridevano.
Ma poi è tornata e ci ha dato il tandem. E' stata molto bella quella giornata perché ci sembrava di avere la macchina.
Abitare a Mantova era bello perché rispetto al paese dove vivevamo prima, offriva un sacco di divertimenti, tutte le domeniche andavamo al cinema, ho visto tantissimi film in quel periodo e poi io a Mantova non ero più la figlia del ristorante, non ero nessuno ero una ragazzina come tante altre.

Alla fine dell'anno scolastico il giorno dell'esame di terza media io ho sbagliato a guardare il giorno dell'esame e sono andata in piscina con F. Alla sera mia mamma mi ha detto che mi era venuta a cercare la bidella. Ero disperata, però il giorno dopo mi hanno fatto fare lo stesso l'esame, mi hanno anche promossa, credo l'abbiano fatto per non rivedermi mai più.

Il nostro cane Biba era venuto a vivere con noi, Pinky invece era morto da qualche tempo schiacciato da un camion. Pinky aveva un ossessione per i camion li inseguiva per mordergli le ruote.
L'ultima volta che ha tentato non ce l'ha fatta. Tutti abbiamo molto sofferto della sua morte era un cane molto intelligente, la Biba ha ululato per parecchie notti dopo la sua morte.
La Biba non amava molto vivere a Mantova, però pur di stare vicino a noi si era adattata anche all'angusto magazzino.

LA STORIA DELLA MIA VITA




Capitolo 4

MANTOVA

Dopo aver vissuto un bel po' di tempo nella casa da sole, i miei genitori hanno deciso che era giunto il momento di portarci a Mantova a vivere con loro. Avevano preso in gestione un bar che aveva nel retro tre camere e un bagno, dove potevamo vivere. Non posso dire che fosse un appartamento vero e proprio, però ci si poteva vivere, in effetti queste camere erano adibite a magazzino del bar, così abitavamo in mezzo a scatoloni contenenti patatine, frigoriferi con gelati, cassette piene di bottiglie. Alcuni scatoloni diventavano mobili su cui appoggiare la televisione o altre cose.
Mia sorella appena abbiamo preso possesso della nostra camera da letto ha deciso di dipingere il pavimento di rosso. Così con una tanica di vernice abbiamo dipinto tutto il pavimento. L'effetto era un po' inquietante, sembrava un po' una camera di Shining. Così i miei incubi notturni avevano lo scenario perfetto. 
Io in quel periodo avevo tredici anni e dovevo cominciare la terza media. Ero molto preoccupata e intimorita perché non conoscevo nessuno, venivo da un piccolo paese, avevo paura. 
In quegli anni tenevo i capelli lunghi ero una bambina normale a vedersi, mancavano pochi giorni all'inizio della scuola e un pomeriggio mia sorella è venuta da me con un giornale di moda e mi ha fatto vedere una fotomodella bellissima con un taglio di capelli molto corto dicendo: Vuoi che ti taglio i capelli così? Secondo me stai bene diventi come lei. Io all'inizio ho resistito, ma dopo varie insistenze ho pensato: Ma sì dai, voglio diventare bellissima come questa fotomodella. 
Mia sorella mi ha tagliato i capelli cortissimi. Dopo alcuni giorni sono andata nella nuova scuola, mi ricordo che eravamo tutti fuori nella piazza, io mi sono seduta su un monumento, e alcuni ragazzini mi prendevano in giro dicendo: Ma tu chi sei? Sei nuova? Ma come ti chiami? E io rispondevo: Simona. E loro: Simona o Simone? Non si capisce, sei un maschio o una femmina? Ma da dove vieni? Io ero angosciata e pensavo a mia sorella che diceva: Dai, vedrai diventi bella come questa fotomodella! 
Comunque a parte l'inizio drammatico la terza media è stata per me divertimento allo stato puro. 
A scuola non si faceva mai assolutamente niente, non ricordo di aver mai fatto un compito. La classe era formata da ragazzi e ragazze borderline, come d'altronde ero anche io, eravamo quasi tutti provenienti da famiglie un po' assenti. Non so perché fossi capitata proprio in quella classe, con elementi così simili a me, forse era la zona, non so. 
Comunque i professori erano come rassegnati a non essere mai ascoltati da nessuno.
In terza media per la prima volta in vita mia ho capito di essere bassa e di avere il senso dell'umorismo. 
Subito i primi giorni ho fatto amicizia con una ragazza che si chiamava F. 
F. era una ragazzina dura, cinica, sorrideva raramente, era molto forte e decisa nei modi, tutti in classe la rispettavano, anche i maschi. Nessuno mai la prendeva in giro, lei non aveva soprannomi. Persino i professori avevano una sorta di inquietudine nel trattare con lei. Non so perché ma F. si affezionò subito a me, mi prese sotto la sua ala, e così anch'io in poco tempo diventai intoccabile. Eravamo sempre insieme e ogni pomeriggio era una nuova avventura. Credo che lei si fosse attaccata a me perché ero molto infantile e per un po' di tempo ha potuto vivere un po' di infanzia, che ripensandoci adesso credo non avesse mai potuto vivere fino a quel momento. In effetti fuori da scuola giocavamo come due bambine, eravamo sempre in giro, affamate di vita. Tutto era una scoperta e niente era impossibile. 

lunedì 1 ottobre 2012

Maiali e soldato romano


Foto di maiale

LA STORIA DELLA MIA VITA

GNICCHI

Vorrei parlare di Gnicchi, per non dimenticarmi che anche da piccola ogni tanto qualcuno mi vedeva.

Quando tornavo da scuola di solito il ristorante era pieno di gente e quindi sia io che mia sorella ci prendevamo dalla cucina quello che capitava e mangiavamo da sole.
Però io avevo Ghicchi.

Ghicchi che tutti i giorni non cominciava a mangiare se non c'ero io, che ascoltava gentile, che mi trattava con rispetto come se fossi stata grande. Era un mediatore, un signore bello e distinto, mia mamma mi ha raccontato dopo tanto tempo che non ha mai avuto vita facile nel paese, perché era considerato un mascalzone, uno diverso. Una volta lo avevano anche picchiato.
Mangiava tutti i giorni al ristorante perché era sempre in giro per lavoro e perché viveva solo.
Tutto il periodo delle elementari ho sempre mangiato al tavolo con lui, con i tovaglioli di stoffa e con tutto apparecchiato bene, quando arrivavo mi salutava serio, come se fosse arrivato un suo collega di lavoro e poi ordinavamo. Tutti i giorni per cinque anni.

Dopo tanti anni, quando io avevo già trent'anni, Ghicchi ha avuto un forte esaurimento nervoso, ormai non lavorava più da tempo, era solo e non riusciva più a mangiare, così veniva nel ristorante dei miei genitori per cercare di mangiare un po'. Per una serie di circostanze in quel periodo anche io ero tornata al paese, così dopo più di vent'anni ci siamo ritrovati a mangiare assieme tutti i giorni e come venti anni prima lui non iniziava a mangiare senza di me, come tanti anni prima lui mi ascoltava serio e rispettoso.

Non ho mai fatto in tempo a ringraziarlo, dopo poco tempo è morto.

LA STORIA DELLA MIA VITA

IN ESTATE


domenica 30 settembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Oggi ero in macchina con mio figlio, mi raccontava che ama molto le lezioni di scienze del suo professore. Stanno studiando le muffe e di come dentro esistano dei veri e propri micro cosmi popolati da esseri monocellulari. Poi abbiamo parlato del fatto che ognuno di noi cambia continuamente le cellule del proprio corpo, completamente, muoiono tutte e ne rinascono delle altre. Ci veniva un senso di vertigine al pensiero che noi siamo sempre qualcun altro, completamente rigenerato. Così abbiamo pensato che in realtà noi moriamo tantissime volte nell'arco di una vita, senza nemmeno accorgercene, in questo modo la morte non ci faceva più tanta paura.

BIBO

Nel piccolo paese dove vivevamo non succedeva mai niente di eccitante, gli unici diversivi erano il circo, le giostre nel periodo della fiera e la festa dell'amicizia.
Io e mia sorella andavamo sempre alla festa dell'amicizia e ballavamo vorticosamente il valzer, la mazurca e la polca. Ci piaceva. Mi ricordo che un giorno hanno suonato i 'moderni' così io e le mie amichette ci siamo messe a ballare, io mi sono fatta prendere dalla musica in stato di trance, cosa che tra l'altro mi capita ancora, era un brano dei Bee Gees più precisamente Stayin' Alive.
Il ragazzo che metteva i dischi ad un certo punto al microfono ha detto: Molto bravo il nostro piccolo John Travolta, riferendosi a me, che indicavo con l'indice i cielo, come John. Ci sono rimasta molto male, mi sono vergognata, perché sembravo un maschio, perché facevo anche un po' ridere i grandi. Si ripeteva sempre questa circostanza, grande trasporto, gioia e derisione, si è ripetuta per un bel po' di tempo.

Comunque a parte questo episodio di cui non ho potuto fare a meno di parlare, volevo scrivere un'altra cosa. Nel periodo in cui io e mia sorella vivevamo da sole nella casa con i cani, nelle sere d'estate andavamo nella piazza del paese a parlare o giocare con gli amici, ad un certo punto in paese è arrivato un ragazzo che girava il mondo a piedi, si faceva chiamare Bibo, dormiva sotto i portici, per i ragazzi era una grande attrazione, tutti si fermavano a parlare con lui e naturalmente anche noi. Ci raccontava di tutte le cose che aveva visto, ci parlava in modo diverso da tutti gli altri, lo stavamo ad ascoltare per ore. Bibo era molto gentile e dolce, una sera mentre eravamo seduti sul monumento a parlare sono arrivate tre o quattro camionette dei carabinieri, noi ridevamo e dicevamo: ma cosa sarà successo, ma cosa fanno? Poi i carabinieri sono venuti verso di noi e ci hanno caricati tutti sulle camionette, trattandoci come fossimo dei ladri o degli assassini. Io ero piccola avrò avuto dieci anni, ero terrorizzata. Arrivati in caserma ci hanno fatto sedere su delle panche e uno a uno ci facevano entrare in un ufficio. Bibo cercava di calmarmi dicendomi che non mi sarebbe successo niente, poi toccava a me e lui ha detto: ma non potete farla entrare da sola è minorenne, è piccola ha paura, fate entrare sua sorella con lei! Ma loro lo hanno zittito e poi mi hanno fatta entrare, mi ricordo come un sogno l'interrogatorio, mi sembrava un film  poliziesco, non capivo cosa avevo fatto. Ormai era notte. Finito l'interrogatorio ci hanno rimandati a casa. La mattina dopo mia sorella ha telefonato ai miei genitori che vivevano a Mantova e gli ha detto: Mamma ti devo dire una cosa... Ieri sera ci hanno arrestate.
Il giorno dopo hanno mandato via Bibo, gli hanno dato un foglio dove c'era scritto che non poteva mai più venire nel paese.
Bibo una sera mi ha detto: non devi uccidere le zanzare perché devi rispettare ogni forma di vita, uccidile solo se ti pungono.

domenica 23 settembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Questa mattina mi sono svegliata e mi sono sorpresa di essere viva. Mi sono sorpresa del fatto che ho due gatti, che nella mia casa ci sono degli oggetti che mi appartengono. Che ho un figlio grande, più grande di me. Credo che questa sorpresa sia data dal fatto che noi non ci siamo mai, non siamo mai presenti e così accadono molte cose, acquistiamo molti oggetti, ci circondiamo di animali, compiamo molte azioni in uno stato di sonnambulismo perenne. In alcuni momenti però ci svegliamo e vediamo tutto quello di cui ci siamo circondati, tutto quello che abbiamo fatto, e vediamo che alcune cose sono belle, ma noi non abbiamo avuto modo di vederle e di essere grati di tutta questa bellezza. Poi ci riaddormentiamo e continuiamo ad accumulare senza alcuna gratitudine, ma lamentandoci continuamente.

VISIONI NOTTURNE
Fin da molto piccola, fino a quando riesco a ricordare ho sempre avuto delle visioni notturne che mi hanno terrorizzata. E' molto difficile raccontare questa cosa ma ci posso provare. Di notte ad un certo punto mi svegliavo, aprivo gli occhi e nella mia camera da letto c'erano delle persone, degli animali, creature gigantesche e nani. Queste visioni duravano alcuni minuti ed erano per me fonte di profondo terrore. Queste persone camminavano nella stanza, si sedevano sul mio letto, oppure rimanevano immobili a fissarmi. Questa situazione mi ha perseguitato fino ai trent'anni, poi è finita. Non ho mai saputo cosa mi accadesse, per un certo periodo ho pensato fossero fantasmi, poi ho pensato che fosse una forma di sonnambulismo, oppure che il mio cervello avesse qualche disfunzione.
Una cosa è certa però, questa cosa ha condizionato gran parte della mia vita.

La mia famiglia traslocava molto spesso, mio padre era un uomo molto irrequieto e non riusciva a stare in un posto più di qualche anno, così ogni tanto si cambiava tutto. Per un certo periodo abbiamo abitato in una casa che a noi piaceva molto, è durato credo un anno in cui i miei genitori hanno deciso di 'smettere' con i ristoranti, così mia madre ha aperto un negozio di articoli da regalo e mio padre ha provato a fare il rappresentante di attrezzature alberghiere. E' stato un anno devastante per loro, mia madre si annoiava da morire e mio padre non riusciva a vendere nemmeno una forchetta essendo completamente incapace di convincere i clienti, mio padre non riuscirebbe a vendere nemmeno una sigaretta a un fumatore accanito rimasto senza.
I miei genitori litigavano sempre,  così quando tutto è fallito miseramente hanno deciso di prendere in gestione un bar a Mantova, ma lasciando me e mia sorella a vivere nella casa.
In quel periodo avevamo due cani, un pastore tedesco, la Biba e un bastardino Pinky, loro erano i nostri più fedeli amici e compagni di giochi, passavamo le giornate a travestire Pinky da Ciccio Bello, a far delle gare tra cani, a giocare a gavettoni. Un giorno abbiamo cosparso tutto il pavimento della casa con la schiuma da barba di mio padre e ci abbiamo nuotato dentro, insomma, le giornate passavano nella solita anarchia, anzi forse in quel periodo era peggio del solito perché non c'era più nessuno a tenerci d'occhio.

martedì 18 settembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Spesso mia sorella mi picchiava e mi faceva dei dispetti, a volte i dispetti erano particolarmente sofisticati e perfidi, altre volte erano estemporanei, le venivano in mente sul momento. Ma nonostante questo io ho sempre avuto nei suoi riguardi una specie di venerazione.
Quando eravamo piccole lei era cicciona e io ero magrissima ma adesso è il contrario, chissà perché.

Davanti al ristorante c'era un buco che quando pioveva si riempiva d'acqua e diventava una pozzanghera enorme, mia sorella aveva costruito con una cassetta di legno una barca, a volte mi invitava a salire e facevamo dei viaggi lunghissimi, mi ricordo di aver esplorato mondi sconfinati sulla barca di mia sorella, altre volte invece andava a fare dei viaggi con una sua amica magra che tra l'altro non era neanche simpatica e io ero gelosa.
Quando era ancora cicciona spesso decideva di fare la dieta e mi diceva di stare attenta a ciò che faceva e quando si avvicinava al frigorifero dei gelati io dovevo dirle questa frase: No, non farlo, non mangiare il gelato che ingrassi. Così io le stavo attenta e quando si avvicinava al frigorifero le dicevo la frase, lei allora mi picchiava e mangiava il gelato. Durante il giorno stavamo sempre nel piazzale del ristorante oppure nel cortile del condominio dove vivevamo, ma di sera eravamo a casa da sole, così mia madre mandava mio cugino, che aveva qualche anno in più di mia sorella, a farci compagnia.
Quelle serate erano completamente fuori controllo, mio cugino ci faceva degli scherzi terrificanti, ma poi giocavamo tutta la sera a fare le cose più assurde. Spesso ci travestivamo e poi ci facevamo delle foto con la polaroid. Quando mio cugino non poteva venire allora veniva una signora un po' anziana che stava con noi fino a tarda notte, questa signora per guadagnare qualche soldo, durante il periodo della festa dei morti, andava anche a pulire le tombe al cimitero. Un giorno per pulire bene una tomba di marmo ci è salita sopra e la tomba si è rotta, così lei ci è caduta dentro, dal fondo della tomba urlava: aiutoooo, aiutoooo. Nel cimitero a quell'ora non c'era nessuno, perché non era ancora orario di visite, ma dei signori di Milano che erano venuti a trovare i parenti morti, sono passati proprio in quel momento al cimitero e sentendo la voce provenire dalla tomba si sono spaventati da morire perché hanno subito pensato che fosse un morto ad urlare. A me e a mia sorella questa storia ci aveva fatto molto ridere, in realtà a me e a mia sorella tutto ci faceva molto ridere. Passavamo delle ore a ridere come delle complete cretine fino ad aver male alla pancia, a volte uscivamo a cena con i nostri genitori che amavano visitare altri ristoranti e a noi partiva la 'ridarola' per ogni cosa, in quelle circostanze mio padre ci odiava, ma noi non potevamo più fermarci.

sabato 15 settembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA




Ieri non ho scritto niente perché avevo un forte male alla pancia.
Ma adesso prima di iniziare il nuovo capitolo voglio scrivere una frase bella che mi ha resa felice.
Sono andata a trovare l'uomo mio fidanzato che fa i mercatini, e sul suo banco c'era un libro di macrobiotica, l'ho preso in mano e ho letto le prime pagine e ho scoperto un altro uomo meraviglioso che ha abitato questa terra e che adesso ho aggiunto ai miei preferiti uomini della terra, il suo nome è Georges Ohsawa è stato medico e filosofo, ma ecco la frase:
La vita è infinitamente meravigliosa.
Tutti gli esseri (salvo una sola eccezione, l'uomo) vivono felici nella natura, liberi da obblighi verso loro stessi o verso gli altri. Ho vissuto due anni nella giungla indiana e uno nella giungla africana; mai ho visto una sola scimmia, coccodrillo, serpente o elefante che fosse infelice, malato o obbligato a lavorare per gli altri. Tutti i popoli primitivi che qui vivevano erano ugualmente felici prima che fossero assoggettati dai loro 'colonizzatori' , armati di fucili, di alcool, di cioccolata e di religione.
L'unica regola di vita di questi primitivi era che chi non si diverte non mangia.

Capitolo 3

LE DUE SORELLE

Tutto cambia ma noi non cambiamo mai, o meglio cambiamo sempre, ma le cose tra di noi non cambiano mai. Preserviamo questo regno incontaminato perché ci ha salvate e continua a salvarci.

I miei genitori sono stati molto assenti con noi, un po' per il ristorante, e un po' forse perché non erano in grado di allevare due figlie, in qualche modo forse anche loro avevano costruito il loro mondo esclusivo che li ha salvati, ma che non prevedeva l'ingresso di nessun altro.

Così io e mia sorella siamo cresciute praticamente da sole.

mercoledì 12 settembre 2012

LA STORIA DELLA MIA VITA



Prima di scrivere altre cose volevo raccontare un'altro piccolo episodio che riguarda la mia maestra, perché l'episodio in questione spiega bene come spesso nella mia vita ho creduto profondamente e fedelmente a cose basate esclusivamente su un fraintendimento.
La mia maestra, come ho già scritto, era una donna molto religiosa, un giorno in classe ha pronunciato questa frase: Non nominate MAI il nome di Dio invano.
Io invece ho capito: Non nominate MAI il nome del Dio Ivano.
Nei giorni a venire ho pregato molto il Dio Ivano e sono sempre stata molto attenta a non nominare il suo nome, questa cosa tra l'altro risultava molto difficile perché nella mia classe c'era un bambino che si chiamava proprio Ivano. Una notte l'ho anche sognato, entrava in casa mia passando attraverso il soffitto della cucina.
Il mio bisogno di poter credere con fede e trasporto a qualcosa fin da piccola, mi ha portato a vivere molte situazioni simili a quella del Dio Ivano, una di queste la intitolerò:

LA RANA GIGANTE

Quando avevo circa sei anni prima di dormire mia sorella mi raccontava varie cose, mia sorella ha sempre amato raccontare le storie e ancora adesso ogni tanto mi racconta dei film o dei libri che ha letto e io l'ascolto incantata e dopo mi sembra di averli visti quei film, e di aver letto quei libri che mi racconta, è molto brava e la era anche da piccola.
Quindi prima di dormire l'ascoltavo incantata credendo ciecamente a tutto quello che mi diceva.
Non so come le sia venuto in mente, ma una notte ha cominciato a raccontare che ogni notte appena mi addormentavo arrivava una rana gigante, lei le saliva in groppa e volavano via verso un mondo meraviglioso, dove andavano altri bambini prelevati dai loro lettini da altre rane giganti.
Tutta la notte lei stava in questo mondo meraviglioso dove non c'erano adulti, dove dalle fontane usciva l'aranciata, dove c'erano dolci a non finire, dove si giocava a perdifiato e tutto era bellissimo.
Ogni sera mi raccontava cosa aveva fatto la notte prima e tutto veniva raccontato in un modo così reale che non avevo dubbi, era tutto vero!
Io penso che anche lei mentre lo raccontava ci credesse veramente, in quel momento, mentre raccontava lei era là e io con lei. Ogni notte la scongiuravo di svegliarmi, di portarmi con lei, ma ogni notte mi diceva che non potevo andare perché ero piccola, l'età minima per poterci andare era di sette anni.
Ho passato un anno aspettando il compleanno, aspettando il momento magico e meraviglioso di salire anch'io sulla rana gigante. La notte del mio settimo compleanno ero fuori di me dalla gioia, era arrivato il momento più atteso della mia vita, ma mia sorella quella notte mi ha rivelato che non era vero niente, che si era inventata tutto. Subito non le ho creduto, ho pensato che mentisse per non portarmi con lei, ma poi col tempo ho pensato che forse era vero, mi aveva mentito.
Però alcune notti ancora penso che forse lei ancora ci va con la rana gigante!